La confusione tra previdenza e assistenza
La questione dell’innalzamento dell’età per pensionamento si presta a molteplici considerazioni. Tra queste non si può dimenticare la commistione dei conti Inps tra previdenza ed assistenza per cui le entrate previdenziali sarebbero in attivo, specie per alcune categorie, e non ci sarebbe tutta questa necessità di contenere la spesa come previsto dalla «legge Fornero» e confermato da Boeri e Gentiloni. L’attivo previdenziale non servirebbe a pagare le pensioni, ma a coprire le spese di assistenza sociale che dovrebbero avere finanziamenti a parte e specifici. L’Europa fa «finta» di non sapere e sulla base dei conti ufficiali inviati dall’Inps e dal governo italiano chiede anch’essa il contenimento della spesa previdenziale dimenticando che con il prossimo aumento l’Italia si pone ai vertici europei per prolungamento dell’età lavorativa. La tanto decantata maggiore aspettativa di vita media non è poi così tanto vera. Abbiamo già dimenticato i dati dell’anno passato che avevano registrato una riduzione? Il governo ha subito provveduto mascherando il calo su base annua (che temo si ripeterà anche quest’anno) sui dati riferiti ad un periodo più lungo, di più anni dal 2013. Purtroppo l’aumento della vita media è un fenomeno destinato a contenersi per una serie di motivi tra cui anche quelli riferiti ad un peggioramento dell’assistenza socio sanitaria dovuta alla crisi economica e ai non sufficienti stanziamenti del Fondo Sanitario Nazionale, oltre ad un aumento degli sprechi per un eccessivo frazionamento gestionale della Sanità operata dalle Regioni. Non trascurabili i gravi fenomeni d’inquinamento ambientale che comportano un aumento di alcune forme neoplastiche e di molte malattie croniche. Va, infatti, ricordato che l’aumento della vita media, molto significativa per le donne ha comportato l’aumento dei malati cronici. Quindi più sopravvissuti, ma anche più malati cronici il che significa che con l’aumento delle vita lavorativa avremo sempre più lavoratori in condizioni precarie di salute con l’inevitabile aumento delle assenze per malattia e peggio ancora un aumento degli infortuni (per i quali l’Italia è già ai vertici negativi europei e non si riesce ad invertire la tendenza). In conclusione si vorrebbe spendere meno in previdenza (anche se non ce ne sarebbe bisogno) e alla fine si spenderà ancora di più in assistenza utilizzando in maniera impropria le risorse della previdenza. Tutto ciò senza contare che lavoratori anziani (ed in larga misura - circa un 35% - affetti da una o più malattie croniche/neoplastiche) producono, in particolare per alcune attività, prestazioni inferiori a scapito della produttività oltre a minori capacità di adattamento specie alle modifiche e agli innovamenti delle procedure tecniche. Queste brevi considerazioni, non certo esaustive, portano, a mio avviso, a due proposte: 1) Chiarezza nei conti Inps e separazione tra previdenza ed assistenza e corretta trasmissione alle autorità europee; 2) Maggiore personalizzazione dell’età pensionabile tenendo conto di vari fattori non solo relativi alla tipologia di lavoro (usurante / gravoso / notturno / rischioso), ma anche alle condizioni individuali di salute e non solo e alla possibilità di rendere prestazioni adeguate.
// Francesco FalsettiPresidente Umi - Unione medici italiani Brescia
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