La buona politica che i nostri padri ci hanno insegnato

Pochi giorni fa ho letto due belle lettere di Loretta ed Emanuele in un ricordo tenero di quel modo di fare e vivere la politica dei loro papà. Era la politica vista come «la partecipazione attiva dei cittadini per il bene comune e la gestione della comunità, un concetto che includeva doveri etici e morali». Anche io ho avuto questa esperienza, vivendo, anzi respirando una passione politica da parte di mio padre. È stata cultura, educazione civica, rispetto e opposizione, confronti, contrasti aspri ma rispettosi, manifestazioni, come quella di piazza Loggia che ha ucciso, ferito e spaventato tanti nostri concittadini, tutta la tensione degli anni ’70, Moro e la morale di Berlinguer. Tutti temi cari al mio papà che ora fatica a ricordare, purtroppo, ma che io cerco tenacemente di non spegnere nella sua memoria. Loretta ed Emanuele quel modo di fare politica era trasversale per idea ma comune negli ideali, che in persone molto diverse politicamente, servirono a scrivere la Costituzione, vero faro della nostra cultura civica. Mi unisco a loro e non mi spiacerebbe che altri portassero altre testimonianze di buona politica.
Manuela CherchiCara Manuela, è con questo scopo che mettiamo in evidenza la sua lettera, così come abbiamo fatto per quelle di Loretta ed Emanuele: indurre altri a portare «testimonianza». Convinti che la politica possa essere innanzi tutto «buona» (a dispetto di una narrazione che ne sottolinea soltanto limiti, grettezze e storture) e che del «buono» ci sia oggi come allora. Anche se quello dell’oggi facciamo più fatica a vederlo, per una sorta di presbitismo che affligge noi umani, che stentiamo a valutare da vicino ciò che invece da lontano riluce nitido e meritevole di ammirazione bipartisan. (g. bar.)
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