L’inglese? Deve diventare la seconda lingua
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di Corrado Consolandi - Roncadelle, 26 anni «Nau is de taim of lanch». La frase, pronunciata con prosopopea, è quella finale del discorso tenuto da Matteo Renzi al Digital Venice 2014. Il culmine di una serie di frasi al limite del maccheronico, l’idea, forse un po’ imprudente, era quella di parlare in inglese. Inutile dire che il web non ha certo risparmiato la performance del Premier. Le prese in giro si sono moltiplicate (consiglio vivamente Shish is the word, esilarante parodia sulle note di «Surfin' Bird» reperibile su youtube), ma la cosa che dovrebbe far riflettere è che se al posto di Renzi si fosse trovato qualche altro italiano il risultato probabilmente non sarebbe stato molto diverso. Senza esagerare, è innegabile però che nel nostro Paese l’inglese sia materia piuttosto ostica. Le cifre sono ballerine, ma basta fare un giro su Google per capire che in Italia non siamo messi molto bene: addirittura 2 italiani su 3 non parlano inglese, percentuali clamorosamente inferiori a quasi tutti gli altri paesi europei. E il video di Renzi, che ha fatto ovviamente il giro del mondo, non ci ha aiutato: proprio durante le ferie di quest’anno ho incontrato diversi turisti tedeschi che ridevano ricordando il video incriminato. E allora ho domandato loro: «Ma com’è che quando incontro i tedeschi in giro non ne becco mai uno che non parli perfettamente inglese?», si esprimono senza errori nella lingua di Albione anche uomini di mezza età. Mi hanno risposto che per loro è normale saper l’inglese, lo studiano a scuola fin da piccoli, molti film anglo americani non sono neppure doppiati: li guardano direttamente in lingua originale con i sottotitoli. È così anche in molti altri Paesi. Anche questo aiuta l’orecchio, a padroneggiare la lingua. Certo c’è la vicinanza d’idioma, la nostra è lingua latina: «Poi noi siamo tedeschi - mi hanno risposto scherzando, ma nemmeno troppo - siamo molto intelligenti e impariamo subito». Tipica arroganza nordico-teutonica. Però in Italia siamo forse un po’ pigri con l’inglese. Ma è inutile disperare: un italiano riuscirà sempre a farsi capire, con la gestualità e una buona dose di faccia tosta. Poi adesso che l’età scolastica in cui si comincia ad apprendere l’inglese s’è pure abbassata, lo si studia già alle elementari, le cose saranno sicuramente destinate a migliorare. Speriamo in fretta, perché come diceva Alberto Sordi in «Un americano a Roma», riferendosi ai tedeschi, e al fatto che (allora) non parlassero l’inglese: «Questi quando vincono la guerra? Questi non son padroni della lingua!». Loro si sono «evoluti» in fretta, dobbiamo farlo anche noi.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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