Io, medico anni ’80 e boomer, ricordo il mio giuramento

Lettere al direttore
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Sono un medico degli anni ’80 e penso sia venuto il momento di capire che la medicina è cambiata e poi non voglio sentirmi un boomer. D’ora in avanti mi eserciterò ad ascoltare i battiti del cuore ed il murmure del torace con il telefonino e attraverso una fotografia dell’addome, inviata via mail, a capire se l’intestino è pervio, ma se mancasse la connessione? Ma no, siamo sempre connessi. Basta guardare in faccia il paziente, basta sentire cosa ci deve dire, caro Ippocrate, l’unica cosa che non mi sento di cambiare è il tuo giuramento: leggendolo, capisco perché ho scelto di fare il medico.

Maria Angela Bertoli
Rodengo saiano

Cara Maria Angela, la medicina cambia e noi con lei, il nocciolo tuttavia resta identico. E se serve un bello sforzo per rimanere al passo della tecnologia, altrettanto ne occorre per mantenere quell’approccio umanistico che distingue il medico dal burocrate sanitario. Il torace perciò continui ad auscultarlo, usando finanche il telefonino, se si dimostrerà un buono strumento (esattamente come lo stetoscopio s’è rivelato a suo tempo più efficace dell’orecchio). Importante è non dimenticarsi di guardare negli occhi chi si ha di fronte, prendendosene cura, come siamo certi faccia tuttora lei. Continui così allora. Ogni «giuramento», infatti, si fa per primi con sé stessi e medico si è nel midollo, prima ancora di esercitarne la professione riconosciuta. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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