Io, bullizzato sul lavoro. Sto davvero male

Ho deciso di scrivere questa lettera a voi perché non ho altra scelta e non ce la faccio più. Sono in Italia dal 2009, sono sposato e in tutti gli anni che siamo qui, abbiamo costruito tutto con tanti sacrifici e tanto sudore. Lavoro in un supermercato a Botticino, il mio lavoro mi piace, i clienti sono gentili con me e i miei colleghi sono stati fondamentali nella mia crescita professionale. I miei guai cominciano dall’ottobre del 2024. Improvvisamente mi trovo un attacco verbale e senza precedenti nei miei confronti dal capo area. Sono stato sempre disponibile, corretto, sincero, onesto e un gran lavoratore, ma questo signore con la sua prepotenza mi ha quasi rovinato la vita. In più di un’occasione lui mi ha minacciato, offeso, urlato davanti ai colleghi. E io l’ho vissuto male e da tutta questa situazione sono stato male, per due volte in Pronto soccorso per pressione alta e mi è stato detto di stare attento, di non agitarmi e di non arrabbiarmi. Questo signore non mi ha dato nemmeno l’aiuto che io gli ho chiesto, mi ha lasciato in macelleria come un cane. Io chiedevo di chiamare i soccorsi e lui mi diceva che stavano arrivando, ma non aveva chiamato nessuno. Sono stato costretto ad andare da solo in Pronto soccorso e attualmente sono in infortunio per causa delle umiliazioni continue, violenze, aggressioni verbali e offese personali... Io non riesco a capire il motivo delle sua violenza psicologica. Sono sicuro di non aver fatto nulla di sbagliato, ma questa persona ha fatto tutto questo con una cattiveria. Sto andando avanti con la Cgil, ma il mio problema è che non posso dimenticare. Lavoro per vivere, ma non vivo per lavorare e non voglio morire per lavoro. Spero che la macchina aziendale si muova e qualcuno fermi questo signore. Non è la prima volta che lo fa e non sono l’unica vittima, ma con gli altri si è fermato in tempo, a me invece ha fatto davvero del male.
Lettera firmataCarissimo, nelle vicende personali entriamo in punta di piedi, consapevoli che la sensibilità individuale fa la differenza e non esiste una bacchetta magica che risolva i problemi. Come diciamo ai nostri figli: il cambiamento dipende sempre da noi e ci sono delle sofferenze che è necessario attraversare. Il problema però rimane, ingigantito, per chi non riesce a superare l’ostacolo, per coloro che da un atteggiamento urtante si sentono comunque schiacciati. Per questo l’unica cosa che possiamo fare è esserle accanto e ribadirle ciò che le hanno consigliato al Pronto soccorso: cerchi di non agitarsi, di non arrabbiarsi. E se proprio non ce la fa e i suoi datori di lavoro non colgono il grido d’aiuto che ha lanciato, non ci pensi due volte e cambi posto di lavoro. Meglio perdano un dipendente sensibile loro che la salute lei. (g. bar.)
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