In piazza a Roma contro le stragi. Vi spiego perché

In queste settimane mi sono chiesto cosa mi spingeva a cinquantotto anni, non essendo un uomo di sinistra, a prendere l’auto e ad andare a Roma a manifestare contro le stragi in Medio Oriente. Sono un uomo che ha sempre difeso lo Stato di Israele, la sua legittimità a vivere in pace, sono stato a vedere i campi di sterminio in Polonia, sono stato in tutte le sinagoghe e i cimiteri ebraici da Praga a Roma a Ravenna etc. Con la mia famiglia abbiamo vissuto una settimana nel ghetto ebraico di Cracovia, nell’albergo gestito da una famiglia ebrea, perché la cultura ebraica fa parte delle nostre origini cattoliche. Abbiamo sempre contestato il terrorismo di qualsiasi natura, colore politico o connotazione religiosa. Ho manifestato vicinanza dopo il 7 ottobre alle persone, ai giovani, ai bambini trucidati dalla follia terrorista di Hamas. Ho sempre difeso la libertà della brigata ebraica di partecipare alle commemorazioni del 25 aprile, ringraziandoli per quanto fatto anche per la nostra libertà attuale. Ma sabato sono dovuto andare a Roma, ho sentito il dovere morale di urlare che No! Uno Stato democratico come Israele non può agire con i metodi criminali dei terroristi, non posso accettare che a Gaza si stiano ogni minuto trucidando bambini, donne, che vengano uccisi operatori umanitari, giornalisti, medici. Uno Stato democratico non può abbassarsi al livello dei terroristi. Ho visto giovani, donne, bambini, anziani, gente di ogni estrazione e storia, che erano lì per dire basta al terrorismo di Hamas e ai metodi criminali di Netanyahu e del suo governo. Due popoli due Stati, nessuno era antisemita, si era tutti fortemente e unitamente contro le stragi. Abbiamo ascoltato le parole del Presidente delle Acli, un uomo che ha fatto capire lo sdegno, la sofferenza di chi è a favore della pace nell’accettare questo stato di cose, la sofferenza dei cattolici per i 60.000 morti di Gaza e gli oltre 1.200 morti israeliani del 7 ottobre. Mi permetta di dire che tanti anni fa mio nonno che non amava parlare della violenza pur essendo stato partigiano, dopo il 25 aprile tornò a casa scalzo per avere lasciato a un amico partigiano che abitava più lontano le proprie scarpe, lasciò le armi, fu sempre fieramente antifascista ma senza usare mai violenza ai tanti fascisti convertiti il 25 aprile. Ecco sono andato a manifestare perché sono certo che mio nonno avrebbe dato la vita per difendere i bambini, le donne, chiunque possa essere ucciso da un terrorista di Hamas o dai metodi terroristi di Netanyahu e del suo governo, e sono andato da liberale, da cattolico, da italiano che ripudia la violenza.
Massimo CavagniniOspitaletto
Grazie Massimo, per aver così efficacemente sintetizzato il suo stato d’animo e il rifiuto categorico alla logica del «o con me o contro di me». Una polarizzazione esasperata che, sulla questione da lei affrontata, equivale alla negazione del buonsenso. Condivido con lei che chiunque uccide donne e bambini inermi, ha sempre torto. Che non significa che l’altro (Hamas in questo caso) abbia ragione. Anzi. L’orrore del 7 ottobre è ancora vivo. Ma con altrettanta forza va combattuta la logica dell’occhio per occhio, dente per dente. Non c’è provocazione o vendetta che possa alleggerire le responsabilità di chi sistematicamente ormai provoca la morte di cittadini indifesi, anziani, malati, bimbi con le loro mamme. Non agli occhi del mondo che si definisce democratico. E credo neppure agli occhi di chi ci guarda dal Cielo. (n.v.)
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