Il trasporto merci non è mai gratis E lo paghiamo caro

Lettere al direttore
AA
Sono una persona ormai datata che per anni ha guidato camion alle dipendenze di varie aziende. In questi ultimi trent’anni ho visto il mondo dell’autotrasporto cambiare e modificarsi sulla spinta di nuove idee industriali.
Se fino ad alcuni decenni fa le aziende produttrici di beni erano organizzate con magazzini interni sia per il materiale in arrivo (acquisti) che per quello di vendita. Con il tempo e su percorsi influenzati dai flussi finanziari, le imprese hanno deciso di eliminare tali reparti e hanno «incaricato» le aziende di trasporto di realizzare spazi per la loro merce.
Cosa è successo? Sono nati i centri logistici, grandi magazzini pieni di materiale che per funzionare necessitano di spese e per logica naturale, queste spese chi le paga?
Qualcuno può rispondere, le paga il cliente finale, ma a mio avviso, queste spese - che chiamerei danni sociali - le paga l’intera comunità. Ritengo che la costruzione di tutti questi magazzini con la relativa cementificazione di zone agricole sia stato un grave danno alla salute pubblica che vede noi lombardi a vertici delle zone con l’aria più inquinata in Italia. Stesso principio vale per tutto il girovagare che effettuano camion, camioncini e furgoni, i quali scorrazzano a destra e a manca distribuendo, oltre ai pacchi anche aria «pulita e frizzante».
Durante il mio lavoro ho colto assurdità disarmanti. Mi è capitato di dover seguire l’itinerario di un prodotto, fabbricato nella nostra provincia e utilizzato da un’azienda distante pochi chilometri. Esso veniva e viene tutt’ora convogliato ad un centro logistico sito in provincia di Torino che a sua volta, dopo aver letto i codici con strani congegni informatici lo riporta a Brescia su un altro autocarro. Per aver conferma di ciò che sostengo è sufficiente guardare i prodotti posti sui bancali di un supermercato. Prodotti che escono da aziende site nella Bassa bresciana che si fanno alcune migliaia di chilometri prima di raggiungere il supermercato sito difronte all’azienda che li ha prodotti.
Per non parlare di quello che succede quando questo sistema va in tilt. Le ragioni potrebbero essere molteplici, dalla mancanza di energia al malfunzionamento dei computer o a una maggior richiesta di mercato come sta avvenendo in questo periodo natalizio. Certamente il mondo è in continua trasformazione, ma questi cambiamenti che potrebbero sembrare gratificanti sul piano delle finanze non sempre lo sono sul piano ecologico, ambientale e sociale.
Amedeo Belleri
Brandico
Caro Amedeo,
d’istinto non soltanto le diamo ragione, ma pure l’abbracceremmo, trovando nelle sue parole una conferma ai nostri timori e alla sensazione che non soltanto i furgoni, ma il mondo stesso vada sempre più spesso a rovescio. Poi però ricordiamo il mestiere che facciamo, che ci fa diffidare delle percezioni ed esige di approfondire ogni teoria, specialmente di quelle verosimili e dunque seducente qual è la sua.
Manteniamo dunque l’abbraccio, mentre aspettiamo nel darle piena ragione, volendo approfondire la questione e chiedendo a qualche esperto di logistica di spiegarci il dritto e anche il rovescio del cambiamento. Nel frattempo, cominceremo noi per primi a fare attenzione, evitando ad esempio di ordinare online su Amazon oggetti da pochi euro con la scusa che tanto se non ci garbano possiamo rimandarli indietro e avendo l’abbonamento Prime il trasporto non costa nulla. «Nulla» un fico secco. Ricordiamolo. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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