Il ruolo della politica e dei cittadini
La parola forse più lunga della lingua greca - l'impronunciabile aggettivo orthrophoitosykophantodikotalaiporos, letteralmente «di chi è dedito in modo miserabile a correr dietro a processi e delazioni fin dalla mattina» - è un neologismo ideato dal geniale commediografo Aristofane nell'opera Le Vespe, caustica pièce in cui il poeta se la prende con l'arruffapopolo Cleone, con l'insana mania dei processi (vizio tipicamente ateniese), e con la passione dei cittadini, istigati dai demagoghi, per il ruolo di giudici popolari nelle controversie politiche. Il protagonista della commedia, invasato dal suo ruolo di giudice e inconsapevole marionetta del potere, viene rinchiuso in casa dal figlio e costretto a dirimere liti in un bizzarro tribunale domestico, occupandosi addirittura del furto di un pezzo di formaggio da parte del suo cane... Fustigatore degli ateniesi - e non meno del grande Pericle, bersaglio celato di tutta la commedia antica per la sua passione per le armi, il suo circolo intellettuale e le belle donne -, Aristofane ci consegna il paradigma immortale del privato cittadino che partecipa alla vita pubblica in modo deviato e ne conserva un'immagine fuorviante. Spinto dall'indigenza a prestar servizio per tre oboli, agisce condizionato dai demagoghi e sputa sentenze di cui non ha cognizione di causa. La proverbiale «morale della favola» ci viene in soccorso in tempi bui di incertezza economica (per Aristofane la causa fu la guerra del Peloponneso, per noi una frenetica battaglia globale), di populismo di ritorno e di sfiducia nella cosa pubblica in cui tutti, ma proprio tutti, fanno una magra figura. In mancanza di obbiettivi alti e, diciamolo suvvia, di una certa pazienza e riflessione, l'opinione pubblica nei confronti della politica si perde in un mare di chiacchiere e giudizi avventati, atteggiamento che sembra però caratterizzare, a volte, gli stessi uomini politici. Anche nella commedia contemporanea della politica è d'uopo scambiarsi i ruoli come l'identità dei personaggi di Aristofane: le donne si travestono, è vero, da uomini (l'immortale Prassagora del governo delle donne) ma i mariti a loro volta si camuffano con le vesti muliebri e scatenano il riso dei forestieri. Chi è governato ambisce a una rivoluzione avventata e chi governa, incapace di mantenere l'autorità, non trova più il suo mantello... In questo tourbillon estivo, dove andremo mai a cercare un residuo d'autorità? Per non piangere sui fasti di due anni orsono, quando la vittoria ci sembrava presagio di magnifiche sorti e progressive, superata la fase delle scelte impopolari (mai espressione fu più felice), resta solo una battaglia da combattere. Che la nostra attività politica proceda senza controversie, ma sia viva con sincera dialettica; che i nostri cittadini ci risparmino giudizi frettolosi, ma non rinuncino allo spirito critico; che non indugiamo in lotte fratricide, ma utilizziamo le differenze che, sole, fanno gli alleati. Con le parole di un grande maestro: «E ora, ottimo amico, dal momento che tu stesso hai iniziato da poco a occuparti di faccende politiche e inviti anche me e mi rimproveri perché non me ne occupo, non dovremmo sottoporci a un esame chiedendoci a vicenda: suvvia, Callicle, hai già reso migliore qualche cittadino?» (Platone, Gorgia, 515 a)
Mariapaola Bergomi
Assessore Istruzione e Cultura
Comune di Castrezzato
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