Il ritardo nell’insegnamento dell’inglese

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Non fa piacere leggere quello che ha riportato un quotidiano qualche giorno fa (8 febbraio 2015): niente servizi di traduzione e niente cuffie per poter seguire in inglese «l’Expo delle Idee» evento al quale hanno partecipato ospiti internazionali e delegazioni straniere. Tutto rigorosamente in italiano; ma perché? Non riesco a crederci. Ma come? Organizziamo in pompa magna l’evento degli eventi, stiamo spendendo un sacco di soldi, abbiamo distrutto ettari di terreno, prevediamo milioni di visitatori dall’estero e noi cosa facciamo? Discorsi e discorsi tutti in italiano. Spero che gli ospiti abbiano avuto almeno la possibilità di accedere a qualche testo tradotto, in modo da non dovere tornare a casa completamente a mani vuote, senza poter riferire niente di quanto è stato discusso. Alcuni, forse, avranno avuto a disposizione le app dei cellulari, ma questo non basta; è molto frustrante non capire ciò che viene detto e non avere possibilità di aiuto. E va bene, la nostra è la lingua più bella del mondo, ma quanti al di fuori dell’Italia la conoscono? Dobbiamo farcene una ragione: l’italiano lo conoscono davvero in pochi, in genere sono amanti della nostra cultura o sono persone che hanno avuto la fortuna di venire qui per lavoro o per ragioni di studio. Mi è capitato di incontrare molte persone anche con un grado di istruzione superiore provenienti da diversi paesi Europei e non; amano l’Italia, la nostra storia, l’arte, sono affascinati dalla musicalità della nostra lingua ma la trovano incomprensibile e quando devono comunicare soprattutto in contesti ufficiali, devono per forza far ricorso all’inglese. Non sempre basta la nostra famosa gestualità e la nostra simpatia. Io sono un po’ di parte, lo ammetto, ma credo siano tutti concordi nel riconoscere che queste figuracce non le dobbiamo fare! Siamo un Paese arretrato da questo punto di vista, e l’insegnamento dell’inglese, ci piaccia o no, deve essere potenziato (3 ore, massimo 4 alla settimana in ogni tipo di scuola per pretendere di arrivare alla fine delle scuola superiore ai livelli di competenza richiesti dal Portfolio Europeo sono ridicole). Lo ripeto sempre ai miei alunni: «Siamo in ritardo di decenni». Quando io iniziai il liceo, (lontani anni settanta), già allora si diceva: «Studia l’inglese, sarà la lingua del futuro!». E quando arriva questo futuro? Credo sia già arrivato da un pezzo e molti non se ne vogliano render conto. A nome di questa Italietta che non vuole capire, mi scuso con Rezina Ahmed, Console generale del Bangladesh e vicecommissario dell’Expo nel suo paese e con tutti gli ospiti. Italy is more, much more than this. Sorry! Nicoletta Bonariva Castegnato

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