Il ricordo e la lezione di Fra Sergio
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Chiedo ospitalità al vostro quotidiano per ricordare a 10 anni dalla sua scomparsa un amico ed un religioso dell’Ordine Ospedaliero dei Fatebenefratelli di Brescia. Per avvicinarmi e scrivere di Fra Sergio Ceretti (nato il 4 gennaio 1943 a Gussago) devo partire un po’ da lontano poiché rivedo nella mia vita passata ed attuale un percorso fatto di incontri non sempre casuali, credo la nostra strada di vita sia attraversata dalla Provvidenza, da un disegno divino ed umano che piano piano capisci e vivi con intensità. L’incontro è avvenuto oltre trent’anni or sono con un figlio di San Giovanni di Dio, Fra Sergio Ceretti, e successivamente con altri fratelli religiosi. Penso che ogni laico o religioso possa raccontare la storia di come ha conosciuto i religiosi ospedalieri del «Fatebenefratelli», in me hanno lasciato un contributo prezioso, un’eredità professionale, morale e spirituale che ancora oggi è luce al servizio degli ammalati; ma tutto è iniziato frequentando come volontario l’asilo notturno «Riccardo Pampuri» che accoglie tutt’ora persone disagiate e con problemi esistenziali. Fra Sergio mi introdusse in questa nuova realtà mentre già lavoravo in ambito sanitario e mi aiutò a capire questo impegno che coinvolgeva religiosi e volontari che si dedicavano a lenire le sofferenze degli ospiti dell’asilo; cominciavo a capire e riflettere e con entusiasmo proseguii poiché mi appariva come rispondente al modello che cercavo. Così conobbi Fra Sergio e due compagni di viaggio e studio, Fra Angelo Sala e Fra Dario Vermi (Piccoli San Giovanni di Dio in cammino). Proprio per mai dimenticare i loro nomi, i loro volti colgo l’occasione di ricordare brevemente alcuni religiosi Fatebenefratelli che ho conosciuto e condiviso la compassione, il carisma che si trasforma in azione di grande umanità e umiltà intellettuale. Fra Andrea Baronchelli, infermiere e capo-sala della chirurgia dell’ospedale Sant’Orsola spesso ci ricordava che il malato doveva e deve essere il centro della nostra vita professionale ed umana, quindi «umanizzare» l’assistenza. Fra Piergiorgio Romanelli medico scomparso ancora giovane in terra di missione, lo ricordo quando con molta pazienza ci dava lezione di anatomia e fisiologia. Fra Luigi Galatà, un amico, un fratello, un infermiere, lo ricordo chinato a medicare un ospite malato e parlargli come a proteggere quell’uomo dalle sue infermità, udii parole di carità e speranza per il futuro di questa persona. Fra Raimondo Fabello, ricordo alcune esortazioni fatte quando veniva a farci visita al reparto «Menni» nell’ultimo purtroppo periodo della sua vita; in particolare raccomandava e ribadiva l’importanza per gli infermieri e tutti i collaboratori di riflettere prima di agire, di rimanere in ascolto dell’uomo affinché la persona assistita sia sempre soggetto di rispetto nella sua dignità. Di Fra Pierluigi Marchesi che solo ho incontrato, rimando alla lettura di un suo libro; leggendolo sembra di avere accanto Fra Pierluigi poiché riflessioni e suggerimenti toccano il nostro cuore e la nostra mente, il coinvolgimento è totale! Il titolo del libro è «Umanizzazione, storia e utopia», leggetelo cari colleghi ed amici, se per qualcuno è troppo voluminoso leggetene qualche pagina ogni giorno, per me è una medicina spirituale che funziona, farà bene anche a voi? Infine ricordo Fra Luigi Saccardi, infermiere e collega di lavoro, cuore generoso ed attento alle necessità dei pazienti che amorevolmente ogni giorno assisteva e curava con la parola. Nel redigere questo scritto ho sicuramente tralasciato molti aspetti importanti, ma questo mio lavoro non ha nessuna pretesa ma solo di aver sottolineato la presenza nella nostra Brescia del carisma di San Giovanni di Dio e dei suoi confratelli, dei suoi collaboratori e dei suoi benefattori. Noi siamo una piccola fiammella accanto ad un fuoco che è rappresentato dal carisma dei Fatebenefratelli che aiuta a riscaldarci e sentirci più uniti tra noi. Adesso riprendiamo da quel giorno, 16 febbraio 2005, è già volato un tempo lungo ma ai tanti che hanno conosciuto Fra Sergio la nostalgia di una presenza rimane. Ci sono vite che sono preziose, lo sono tutte in verità, ma alcune di loro risplendono di pura luce che persiste anche quando quella vita si spegne. Io ho sempre sentito vicino a me Fra Sergio e di lui vorrei ricordare alcuni tratti della sua personalità, giovane nel cuore, sempre, dei giovani e degli ammalati mai smise di prendersi cura con la semplicità di un compagno di strada a cui potevi dare del tu. Dietro al sorriso aperto e confidente era capace di accendere nei cuori il desiderio per le mete più alte ed autentiche della vita e di suggerirne i passi quotidiani e la strada da seguire. Fra Sergio ha sempre avuto un’amorevole attenzione al vissuto di ogni persona, di ogni malato, di ogni allievo della scuola infermieri, dei suoi colleghi, di ogni ospite dell’asilo notturno e ricordo in particolare un amico, prima ospite e poi operatore, Davide Moretti e come lui tanti. Fra Sergio aveva una capacità di ascolto e confronto di virtù semplici ma importanti come il rispetto, la cordialità e la gentilezza; è stata una persona capace di grande generosità senza fare mai pesare il suo aiuto; è stato insegnante di assistenza infermieristica e di etica professionale presso la scuola infermieri professionali «Marcello Candia». Raramente nella nostra vita incontriamo persone che profondamente fanno sentire la propria umanità. Oggi non è solo il ricordo di una persona cara ma la consapevolezza di un legame che sopravvive oltre la morte, tra noi e i nostri defunti permane una meravigliosa solidarietà. Fra Sergio quando insegnava durante le lezioni aveva «la maestria del gesto e l’etica della vicinanza», ricordava a noi allievi infermieri: «Non ci può essere professionalità se manca la responsabilità etica» ed è in essa che si matura la consapevolezza di far corrispondere il nostro agire nel lavoro salvaguardando la dignità della persona assistita e la salvaguardia della dignità professionale. Ricordo i nostri ritiri spirituali a Ponte di Legno con Fra Marco, con la signorina Rina Monteverdi, con Gilberto Veneri, con l’amico Mauro Spada e tanti altri. Di quelle giornate conservo delle belle fotografie. Un sorriso delicatamente adagiato sul volto, è così che Fra Sergio ha voluto salutarci definitivamente quel giorno di 10 anni fa, con lo stesso sorriso che sapeva regalare a tutti sempre accompagnato dallo sguardo attento capace di farti sentire tutta la sua attenzione densa di paternità e comprensione. Uno sguardo che penetrava nel tuo cuore perché partiva dal suo, uno sguardo dunque attraverso il quale i due cuori sapevano parlarsi anche in silenzio per dirsi le cose che contano veramente. Cosa rimane a noi di Fra Sergio? Rimane un sorriso, un grande cuore per quel bene di tutti che era in cima ai suoi pensieri. Ed in me che ho scritto queste frasi è sempre più forte la convinzione che Fra Sergio è stato un dono, un’ospitalità vissuta che ha portato i suoi frutti a tutti noi. Fabio Rizzolini Infermiere professionale presso Irccs-Centro San Giovanni di Dio Centro per la memoria Mac Brescia
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