Il processo Shalom e la questione della libertà di stampa
Mi permetto di intervenire in merito alla faccenda del processo riguardante la Comunità Shalom di Palazzolo, dopo aver letto sul Suo Giornale il Suo articolo con il sopratitolo «Censura». La non presenza dei giornalisti era stata una richiesta ben precisa da parte di Suor Rosalina, anima e corpo della Comunità, una richiesta assolutamente motivata da articoli apparsi nel tempo, sui vari quotidiani in merito al processo. Quello che affermo lo posso fare con cognizione di causa in quanto mio figlio è ospite da anni della Comunità e non una volta sola abbiamo, come genitori di tutti gli ospiti, espresso la nostra solidarietà alla Suora in merito a notizie scorrette (volutamente?) apparse sui quotidiani compreso il Suo. Lei si appella alla libertà di stampa, un’arma che voi giornalisti usate quando qualcuno si permette di dissentire sul vostro operato: c’è anche un’altra componente molto importante, da voi poco tenuta in considerazione, ed è il rispetto per le persone coinvolte in certe situazioni, da voi preventivamente e superficialmente giudicate. Non mi riferisco solo alla questione Comunità Shalom, ma anche ad episodi di cronaca locale. In certi momenti mi sembra che quello che conta per voi giornalisti sia l’effetto scoop, sbatti il mostro in prima pagina di vecchia memoria e questo personalmente mi disturba soprattutto per un giornale locale come il Giornale di Brescia. Era un po’ di tempo che volevo intervenire su questo argomento, la faccenda della mai troppo considerata Comunità Shalom alla quale centinaia di famiglie possono solo dire grazie mi ha dato lo spunto per farlo.
// Paolo FruscaCastenedolo
Gentile lettore, forse ha letto male. Nel mio articolo ho pur scritto che suor Rosalina aveva il diritto di chiedere di deporre senza la presenza dei giornalisti, così come il giudice poteva, anzi, doveva assecondarla se ne avesse ravvisato le ragioni di legge. E i giornalisti avrebbero dovuto uscire dall’aula. Sempre per legge. Così avviene nei casi di particolare delicatezza dei temi trattati. Quello che non ha funzionato, però, è che sono stati allontanati SOLO i giornalisti. Mentre il pubblico ha potuto restare. Dove è la coerenza? Dove è il rispetto della legge? Anche gli avvocati penalisti di Brescia, che non sono certo sostenitori del «processo mediatico», hanno pubblicamente manifestato la propria preoccupazione sottolineando la necessità del rispetto delle regole e dei diritti costituzionalmente garantiti. La libertà di stampa, mi creda, non è un’arma da usare come scudo contro le critiche. Ed è molto più di un diritto da rivendicare e difendere. È anche un dovere, da rispettare e far rispettare e del quale sentiamo tutta la responsabilità. Come giornalisti e come cittadini. Lei ha ragione: suor Rosalina si è sentita duramente e ingiustamente colpita da alcuni giornali per alcuni articoli e, come è suo diritto, si è appellata alla legge presentando querela. Non mi risulta abbia ritenuto di farlo però contro il GdB. (n.v.)
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