Il potere autocratico si pretende al di sopra di leggi e costituzioni

Lettere al direttore
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Non sto a disquisire sulle cause ultime, accidentali, premeditate o sanitarie della morte del dissidente Alexei Navalny. Per analogia, mi viene alla mente il discusso caso, mai risolto, del finanziere Roberto Calvi morto suicidato sotto il ponte dei frati neri di Londra. Nelle patrie galere, si può morire per tanti motivi e soffrire in tanti modi giusti ed ingiusti. Ilaria Salis in Ungheria e Beniamino Zuncheddu in Italia ci dicono molto in questo senso. Di certo sappiamo che ogni potere autocratico ha bisogno di colpe evidenti e di colpevoli conclamati. Le semplificazioni populiste curano le facciate ma dietro le quinte il verminaio delle irregolarità e delle complicità si fa oscuro mercato per gli onnipresenti adulatori complici. Nell’età del feudalesimo finanziario cui ci tocca operare, ogni tiranno o aspirante tale, si palesa democratico ma impone il ben noto e barbarico mondo capovolto. Non a caso si pretende al di sopra delle leggi e delle costituzioni. Aspira all’acclamazione per furor di popolo e dà per scontata la fine di ogni limite di mandato.
Angelo Botturi

Gentile lettore, sorvolo sull’accostamento (a mio parere non inerente) tra Alexei Navalny e Roberto Calvi. La tragica vicenda del leader dell’opposizione a Putin da un lato conferma quanto gli autocrati come il presidente russo considerino nella loro piena ed esclusiva disponibilità le vite e i destini delle persone cui impongono il loro potere e la loro «giustizia» senza doverne render conto ad alcuno (ben lontani sono «habeas corpus» e garanzie delle libertà e dei diritti personali assicurati costituzionalmente a tutti i cittadini, anche a quelli in carcere). Dall’altro lato la morte di Navalny dovrebbe indurre anche ad una riflessione più ampia comprendente anche le condizioni di vita nelle nostre carceri, perché pure nei nostri penitenziari si muore talvolta... di carcerazione. Detto ciò, credo sia un dovere morale e civile rendere omaggio a Navalny, alla sua lotta e alla sua testimonianza fino alla morte, è il caso di dire, raccogliendone l’appello: «Se mi uccidono, non avete il permesso di arrendervi. Se dovessero decidere di uccidermi, vuol dire che siamo incredibilmente forti... Quindi non siate inerti». (g.c.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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