Il Papa in Turchia Come la storia insegna tuttora

Lettere al direttore
Lettere al direttore
AA

Il viaggio del Papa in Turchia merita una breve riflessione storica che riguarda la complicata questione di Santa Sofia nella quale vi è un particolare poco conosciuto, custodito nell’Archivio Apostolico Vaticano. Alla fine del primo conflitto mondiale, le forze dell’Intesa, in particolare gli inglesi, si chiedono quale possa essere il destino di Istanbul e di S. Sofia. Una possibilità è quella di cedere la moschea. A questo punto interviene la Santa Sede. Il Segretario di Stato Pietro Gasparri si rivolge a mons. Angelo Dolci Delegato apostolico ad Istanbul per sondare possibilità alternative. Il dispaccio è del 27 marzo 1919. La richiesta prevede il ritorno della moschea alla Chiesa cattolica orientale che «ha appartenuto sempre alla Chiesa Cattolica Orientale ed anche quando i turchi si impossessarono di Costantinopoli era cattolica di rito orientale, quindi se viene tolta ai musulmani, giustizia vuole che sia restituita a coloro ai quali apparteneva». Gasparri argomenta la richiesta in modo ancora più esplicito: «Può il Governo Turco cedere la Basilica? Nel caso affermativo non potrebbe Vostra Signoria domandare, colla maggiore prudenza, la cessione alla Santa Sede per la Chiesa cattolica orientale? Naturalmente tale cessione non potrebbe ottenersi senza una forte somma, ma il Santo Padre è disposto a sborsare il denaro necessario, non fissando limiti». Benedetto XV è pure disposto a nominare il Delegato apostolico con un titolo superiore per facilitare la trattativa. Così Angelo Dolci, fresco di nomina ad Arcivescovo di Gerapoli, inizia la complicata missione dall’esito scontato. Infatti, né il Gran Visir né il Sultano intendono cedere S. Sofia con l’argomentazione che, alla fine, Dolci trasmette in modo inequivocabile: «Dietro S. Sofia vi sono trecento milioni di musulmani».

Maurizio Pegrari
Brescia

Caro Maurizio, abbiamo letto con gusto questa sua spigolatura, che abbina dettagli curiosi e questioni epocali. Dobbiamo anche confessare che abbiamo seguito con attenzione il viaggio recente in Turchia dell’attuale pontefice, ricco di spunti intellettuali non fini a sé stessi, bensì capaci di dare risposte a come intendiamo - e viviamo - la religione ora. Pensiamo ad esempio ai riferimenti al Concilio di Nicea e a come tuttora, a dispetto di letture superficiali, sia presente e viva la tentazione di un nuovo arianesimo (Gesù ritenuto soltanto uomo saggio, maestro sapiente e non egli stesso Dio). Ma al di là di questa e di altre questioni teologiche, ci pare di poter affermare senza timore di smentita che Papa Leone abbia azzeccato ogni passo, riuscendo nell’ardua impresa di non creare eccessiva polemica, pur professando una fede forte e scelte pratiche di conseguenza. (g.bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato