Il nuovo compagno arrivato da lontano Così «Cuore» rivive
Lettere al direttore
AA
Scrivo mosso dal desiderio di far conoscere un piccolo, ma significativo spaccato di vita scolastica che ho avuto il privilegio di vivere con i miei alunni, in una delle mie lezioni di quest’anno. Mi piacerebbe restituire a chi ci leggerà l’idea di quanto fondamentale siano le relazioni umane all’interno di una classe e quanto queste segneranno in modo decisivo un intero un ciclo scolastico e alla lunga l’idea di società in cui vivranno i nostri alunni, crescendo.
Prima di raccontare, vi salutano con la loro allegria, con i loro sorrisi e abbracci i miei venti e, da lunedì 21 ottobre, ventuno magnifici alunni, a cui io e tutte le altre mie colleghe e collega vogliamo un mondo di bene.
La scuola è sempre in movimento, richiede energie, sforzi, ingegno, bravura, impegno e soprattutto tanta pazienza, perché «ci vuole il tempo che ci vuole», come mi disse anni fa una maestra, quando impariamo, insegniamo ed educhiamo.
L’arrivo previsto di un nuovo compagno dall’estero ci porta a doverci riorganizzare in questi e nei successivi giorni per accoglierlo e per farlo star bene con tutti noi, come abbiamo sempre fatto in passato. Tutte e tutti: bambine, bambini, maestre e maestri di quella classe.
In uno dei giorni scorsi, in cerchio ci siamo soffermati sulla lettura dell’articolo 34 della Costituzione italiana: «La scuola è aperta a tutti» e sul suo rispetto e applicazione quando arrivano dei nuovi compagni durante l’anno e noi ci preoccupiamo di accoglierli bene. Sempre restando in cerchio abbiamo riflettuto su che cosa proverebbero loro a dover lasciare improvvisamente l’Italia con la loro famiglia, a non essere più nella loro scuola, senza più gli amici, i maestri e le maestre di adesso e a doversi trasferire in una scuola completamente nuova, senza essere più insieme, e a dover imparare una nuova lingua. Hanno espresso delle considerazioni profonde, personali e comprensibili umanamente e non solo: «Mi sentirei malissimo/a, sarei arrabbiato/a, deluso/a, triste, ansioso/a, avrei paura, farei tanta fatica con una nuova lingua...».
Ritornati al posto hanno fatto tutti un disegno per il loro nuovo compagno. Li abbiamo avvolti nelle due bandiere (italiana e della pace) e li abbiamo lasciati in classe, pronti per essere «scoperti» lunedì, insieme alle altre maestre. Tutti erano felici al termine della lezione e i loro disegni lo (di)mostrano. Io sono stato felice e onorato di essere in mezzo a loro mentre parlavano, si emozionavano e disegnavano. Non vedono l’ora di conoscerlo e di dimostrargli che non lo faranno sentire da «solo», «male», «triste», «arrabbiato», «ansioso», che lo aiuteranno in generale e soprattutto «a parlare in italiano». Faranno del loro meglio e noi maestri e maestre «con» e «grazie» a loro.
Bartolomeo Manno
Maestro di scuola Primaria
Istituto comprensivo di Ospitaletto
C
aro maestro Bartolomeo
, è inutile negare che man mano che scorrevamo la sua lettera ci tornava in mente l’episodio del libro «Cuore» - coincidenza nella coincidenza: quello si svolgeva un 22 d’ottobre, questo il 21 - in cui in classe arrivava il nuovo compagno dalla «gloriosa terra di Calabria».
Ora il bordo del mondo s’è allargato e ragazzi e ragazze giungono da assai più lontano, ma uguale resta la sensazione di spaesamento, la difficoltà di cominciare da capo, di affrontare l’ignoto. E parimenti identica, apprendiamo, rimane l’attenzione di un gruppo classe nell’accogliere chi ha reciso le proprie radici per tentare di innestarsi in un terreno diverso, nuovo. Cambiano i tempi, insomma, non l’umano. (g. bar.)
P.S. Chi non ama il libro «Cuore» lo accusa di essere retorico, per le anime semplici tuttavia l’unica retorica che stride è quella che suona di falso, di vuoto. Perciò bando per una volta ai facili slogan e ai sottili distinguo, complimenti invece ai suoi venti alunni, che da due settimane son diventati ventuno.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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