Il mio ricordo dell’Itis e la giusta severità dei prof

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Ho quasi ottantadue anni. Mi diplomai all’Itis nell’anno 1957/1958 quando l’Istituto Tecnico industriale statale era ancora in via Santa Chiara. Era una scuola dura (otto ore al giorno) per studio e disciplina. Senza sconti, sia per gli alunni che per gl’insegnanti. Gli alunni si abituavano presto a muoversi in un ambiente dove, alla fine delle lezioni le classi uscivano inquadrate per quattro con in testa l’ultimo insegnante del mattino, sotto lo sguardo vigile del vicepreside che immancabilmente assisteva all’uscita degli alunni. Per ultimi, anch’essi inquadrati per quattro, uscivano gli alunni con le biciclette parcheggiate in ordine nell’apposita zona all’interno della scuola. Gli alunni dovevano comportarsi molto educatamente ma anche per gli insegnanti vigeva l’obbligo di fare il loro lavoro con coscienza. Ricordo che un paio di professori che non brillavano nell’insegnamento, un giorno sparirono dall’organico dell’Istituto. Questo è un flash per dare l’idea dell’ambiente dove frequentai la prima A costituita da ventiquattro alunni dei quali solo sette si diplomarono senza ripetere una classe. Vari si persero per la strada. Gli alunni erano ben plasmati nello studio e nel comportamento molto apprezzato dagli industriali che sollecitavano la direzione di allargare un po’ le maniche per aumentare i periti industriali d’avviare nel mondo del lavoro. Per invogliare gli studenti timorosi di frequentare l’Itis, vari enti e industriali bresciani, donavano a ogni diplomato un orologio da polso con data e dedica incise sul retro. Io conservo ancor oggi, come una reliquia, il mio orologio donatomi dalla Banca San Paolo. Confrontando la scuola attuale con quella da me frequentata, mi coglie un senso di profonda amarezza perché mai un alunno si permetteva di mancare di rispetto agli insegnanti, ciò non per timore di un cattivo voto in condotta ma per l’indubbio ascendente che essi avevano sugli studenti. Ascendente conquistato sul campo con ottimo insegnamento delle materie e un comportamento che era d’esempio agli alunni. La rispettosa distanza fra docente e alunno non venne mai a mancare, contrariamente ad oggi, per cui vari insegnanti, si mettono allo stesso livello dandosi del tu con gli alunni usando spesso un linguaggio sboccato. Tale comportamento distrugge la stima che gli alunni ma anche le rispettive famiglie, nutrono nei riguardi dei docenti per cui il rapporto degenera. Si parla di bullismo nella scuola. Ai miei tempi non si conosceva neanche tale vocabolo. Il comportamento fra noi studenti, dentro o fuori dall’Istituto era sempre corretto e improntato a una sana amicizia che in molti casi dura tuttora. Ci conoscevamo tutti perché allora si contavano in totale circa 350 allievi frequentanti l’Istituto. Oggi, alcuni studenti inscenano gravissime mascalzonate nei riguardi dei loro professori, alcune volte seguite da quelle dei genitori. Avvengono violenze anche fra i giovani che spesso, in grave torto, non sono redarguiti dai genitori che anzi li proteggono con pessimo esempio nell’ambito scolastico. Il bullismo più vigliacco è quello verso ragazzi timidi o peggio handicappati verso i quali si manifesta la peggior cattiveria dei bulli. Per fortuna non si può fare di tutte l’erbe un fascio ma disorienta il fatto di chi assiste passivamente alle violenze senza intervenire per farle cessare. Si tratta di paura o di accondiscendenza? Penso che molto sia da imputarsi alla pessima educazione che alcuni ragazzi ricevono dai loro genitori. Ai dirigenti scolastici che non hanno sviscerato per tempo i problemi intervenendo con decisione nei riguardi di docenti non meritevoli di tale appellativo. Ora sarà difficile risalire la china ma bisogna farlo senza tentennamenti e con dure sanzioni per chi usa comportamenti criminali dentro e fuori la scuola. Sanzioni durissime per i genitori che usano violenza nei riguardi degli insegnanti perché si tratta di un esempio deleterio per i giovani in genere.

// Luca Croce
Brescia

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