Il masso terapista e le differenze col fisioterapista
Egregio direttore mi permetta di rispondere alla lettera di un lettore pubblicata martedì 30 agosto, su un presunto secondo canale formativo in riabilitazione. Doveri a parte, qui mi sembra si vogliano rivendicare solo diritti, che sono praticamente inesistenti. Per quel che riguarda «quel signore», al quale il lettore pretende di rispondere, è uno stimato fisioterapia, oltre che un giornalista autorevole che scrive su un mensile di settore a tiratura nazionale, e che, lungi dal voler ridicolizzare la categoria dei masso fisioterapisti, nel suo intervento dello scorso maggio si era limitato a descriverne lo stato dell'arte. Ritengo sia fuori luogo citare articoli della Costituzione Italiana, soprattutto quando la si disconosce o la si riporta solo parzialmente avvalendosi di copia-incolla. Ad ogni modo è una interpretazione a dir poco grottesca e di parte della nostra Carta Costituzionale. Cosa c'entrino le associazioni resta, poi, un mistero che solo il sig. Paracchini potrebbe svelare, magari esprimendosi in modo più comprensibile ed evitando (se possibile) di «arrampicarsi sugli specchi», con l'atteggiamento tipico di chi non possiede argomentazioni valide per difendere una figura professionale che oggi non ha motivo di esistere. Quella del masso terapista, infatti, è una figura totalmente assorbita dal dottore in Fisioterapia, che vanta ben altro percorso di studi. Paragonare il fisioterapista al masso fisioterapista (titolo attualmente conseguito solo presso istituti privati a pagamento anche con il possesso della sola scuola media inferiore e con un 3° anno dichiarato dal Ministero della salute
«mera cultura») è ridicolo e se aggiungiamo il rilascio (già da quest'anno) di un titolo di operatore del benessere da parte delle scuole statali, ogni ulteriore commento diventa superfluo. Ritengo che nella lettera contestata, pubblicata a suo tempo, non si ravvisi alcuna mancanza di rispetto. C'era solo ed esclusivamente la rappresentazione della verità, che non può, e non deve essere, quella di chi vorrebbe riscrivere il Vangelo, ma una verità istituzionale, rispettosa della normativa vigente. Non ricordo, inoltre, che il collega Melotti abbia menzionato nessun Istituto: ha soltanto portato avanti un ragionamento di tipo generale. D'altro canto, che il titolo non abbia valore abilitante alla professione ausiliaria di masso fisioterapista è stato sancito dallo stesso Tar umbro con sentenza depositata il 15 gennaio 2010: questa stabilisce che tale figura professionale, post 17 marzo 1999, viene inquadrata come «operatore d'interesse sanitario». Inoltre nel caso in cui venisse respinto il successivo ricorso al CdS, l'attuale orientamento finirebbe per collocare il masso fisioterapista, addirittura, al di sotto delle arti ausiliarie. Per quanto concerne la sentenza del Tar campano, è un vero peccato che il sig. Paracchini abbia omesso di menzionare che la signora in questione, (parte in causa, superati i test selettivi per l'accesso al primo anno del corso di laurea in Fisioterapia), grazie a questa sentenza (che ha valore unicamente per la ricorrente) ha visto riconoscersi i crediti formativi necessari per l'accesso diretto al 3° anno. Le è andata bene, una vittoria personale e non di una categoria. La sentenza del Consiglio di Stato n. 3.218 sez VI ha consentito ad alcuni soggetti che si erano iscritti ad un corso deliberato antecedentemente al 1996 (e che per problemi regionali fu avviato in ritardo rispetto alla data che la legge poneva come termine ultimo per la chiusura dei corsi antecedenti alla riforma) di iscriversi al 3° anno del corso universitario di Fisioterapia. Giustamente gli interessati hanno rivendicato la collocazione tra la categoria dei fisioterapisti secondo quanto previsto dal DM del luglio 2000 sull'equipollenza dei titoli pregressi, non avevano alcuna colpa del ritardo istituzionale. Il «doppio canale» non esiste in sanità, nessuna professione sanitaria consegue un titolo presso istituti privati per poi rivendicarne uguali diritti. Inoltre è stato da poco pubblicato sulla GU il Dpcm sull'equivalenza dei titoli, che, naturalmente, esclude tutti i masso fisioterapisti che hanno conseguito il titolo dopo il 17 marzo 1999. Ma di cosa parliamo? Travisare sentenze, leggi, circolari ministeriali è irrispettoso: questo è un punto sul quale mi trovo pienamente in accordo col sig Paracchini. Lo Spif ha espresso un parere. È il nostro sindacato, e la ragione di quella dichiarazione, lei sig. Paracchini (non prendiamoci in giro) le conosce benissimo. Non mi pare il caso di strumentalizzarla e comunque non fa testo in un quadro normativo chiarissimo. Il paragone con fisioterapisti «veri», laureati e specializzati, che hanno conseguito master universitari, dottorati all'estero e da anni sono obbligati a frequentare corsi altamente specializzanti (ECM) non regge.
Fulvio Vitiello
dott. in Fisioterapia
dott. in Scienze Motorie
doctor of Manual therapy
Lodi
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