Il dolore per mia figlia uccisa: basta abusi sulle donne

Lettere al direttore
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Mia figlia Simona è stata uccisa il 16 novembre 2015. Il tempo vola quando la vita scorre serena, ma per me che sono la mamma questi dieci anni sono stati faticosi. Anche se il tempo che scorre è anche un aiuto, a volte, perché non ti toglie l’immenso dolore, ma aiuta a conviverci e a gestirlo. Quanto mi manca, sento ancora la sua voce. Impossibile dimenticare quando andai all’obitorio, accompagnata da un medico, perché senza di lui non sarebbe stato possibile riconoscerla tanto era martoriata. Questa tragedia, il femminicidio di Simona, mi ha completamente cambiata nel modo di amare la mia famiglia. A vedere un futuro negativo e non trovare più la voglia ridere e questo significa morire dentro ogni giorno un po’ di più. Non vorrei ripetermi, ma nel tempo trascorso ho constatato che purtroppo i femminicidi non diminuiscono, che gli abusi nei confronti delle donne continuano in una tragica consuetudine maschile atavica. C’è urgenza di educare le nuove e vecchie generazioni al rispetto reciproco sia nelle famiglie che nelle scuole. A tale proposito sono a conoscenza di una manifestazione, organizzata dalla scuola primaria Calini di Brescia il 22 di novembre (ore 11, in via Nino Bixio 9) che prevede la partecipazione di uomini contro la violenza di genere. È una goccia nel mare, ma anche un segno di speranza, per un futuro di nuova consapevolezza.

Bianca Josè Corridori

Cara Bianca Josè, il dolore struggente di una madre è uno stiletto conficcato tra le costole, una crepa del cuore che dà voce al lamento, anche quand’è muto. Ad esso, da parte nostra, può far eco soltanto il silenzio e una vicinanza non formale, un abbraccio ideale da genitore a genitore. E se nulla possiamo fare per sanare l’irreparabile, onorare la memoria di Simona impone a tutti noi un passo, un’azione: evitare che simili tragedie ricapitino, chiamare il «male» per nome, bloccare la prevaricazione del debole da parte del più forte, educare a un’affettività sana, promuovere una cultura del rispetto. Grazie dunque per aver condiviso con noi la sua croce, rendendoci al cospetto di tanto dolore più fragili, ma anche più umani. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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