Il costo del Giudice di pace

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Se mi è consentito, vorrei prendere spunto dalla lettera apparsa in data 26 gennaio a firma Filippo Del Re, poiché mi piacerebbe puntualizzare alcune cose. Che la burocrazia in Italia sia uno «schifo» a cui bisognerebbe porre rimedio è cosa risaputa però, nel caso specifico, il sig. Filippo si dovrebbe chiedere qual è stata la ratio che ha spinto il legislatore ad imporre il versamento di una quota per poter fare ricorso al Giudice di Pace. All’apparenza sembrerebbe la solita volontà da parte della Pubblica amministrazione di far cassa o di impedire al cittadino il ricorso ad una sanzione per violazione al C.d.S. ritenuta ingiustificata. Magari un po’ è anche vero, ma non penso sia questa la motivazione principale. Secondo me il legislatore, essendo egli stesso un cittadino, aveva tutto l’interesse a mantenere il vecchio sistema in modo da poter usufruire di tale facoltà, a titolo gratuito, al momento del bisogno. L’esigenza di tale imposizione è nata dalla necessità di diminuire l’enormità di ricorsi ai Giudici di pace non sempre avanzati per «giustificato motivo» ma semplicemente quale tentativo di evitare il pagamento di una sanzione o la detrazione di punti dalla patente. Ricorsi che intasavano le già ingolfate aule di tribunale e che costano parecchi quattrini al contribuente italiano. Infatti il «ricorso in opposizione» congela i termini di pagamento fino alla sentenza e, anche in caso di rigetto, li sposta oltre la stessa. Inoltre, quasi sempre, anche in caso di rigetto da parte del Giudice, la sanzione inizialmente elevata rimane inalterata. Il motivo del rigetto, questo lo dico per cognizione di causa, sta spesso nella difficoltà del Giudice, parte terza e non presente al momento della contestazione, a definire chi ha realmente torto e chi ragione per cui spesso, nel dubbio, preferisce adottare il «favor rei» e annullare la contravvenzione. Umanamente li capisco, anche se dovrebbero tener presente che un agente quando elevava una contravvenzione non sempre è in mala fede o preda di un grossolano errore, ma forse una qualche ragione di ordine legale c’è l’aveva. Non penso sia sempre colto da qualche raptus o dall’incontrollata necessità di riempire moduli da apporre sul parabrezza. Per tanto l’istituzione di una quota iniziale per poter accedere al giudizio del Giudice di Pace ha avuto origine dalla necessità di eliminare coloro che per mera convenienza, accedevano a tale facoltà. Come sempre avviene in Italia «per colpa di qualcuno, non si fa più credito a nessuno» e per colpa dei furbi, pagano anche gli onesti. Detto questo, vorrei entrare nel merito di ciò che è accaduto al signor Filippo. Vede signor Filippo, io la capisco ma a me piacerebbe tanto che lei capisse gli altri. Io non ho motivo per dubitare della sua buona fede, ma vorrei che convenisse con me, almeno per onestà intellettuale, che le ricevute di avvenuto pagamento sulle strisce blu non sono così difficili da reperire. Se non ve ne sono sparse in terra, basta chiederlo a chi se ne sta andando ed ha parcheggiato in orario coincidente con il nostro. L’agente a cui lei si è rivolto, non aveva poteri di annullamento delle multe e non era certo in grado di stabilire se chi aveva davanti a sé era in buona o in mala fede, per cui si è limitato a riferirle qual era la prassi corretta per poter accedere al giudizio del Giudice di pace. Non solo non trovo nulla di scandaloso in questo, ma penso che abbia agito nella più onesta correttezza. Casomai la scorrettezza è del legislatore che avrebbe dovuto diminuire a pari importo la quota di accesso al Giudice di pace dopo aver introdotto il bonus del 30% in caso di pagamento della multa entro 5 giorni. Le voglio però far presente che lei ha un’altra possibilità di ricorso: quella al Prefetto. Non costa nulla, blocca l’iter del pagamento della multa e si fa scrivendo due righe con le motivazioni (supportate da prove della propria ragione) alla Prefettura o al Comando che ha emesso la sanzione. Tra le altre cose, mi sembra di ricordare che gli ausiliari del traffico facciano delle fotografie al cruscotto del vicolo, quale controprova della loro buona fede nell’elevare la contravvenzione. Se Lei è nella ragione, e tali fotografie sono state fatte, in esse dovrebbe comparire il tagliando di pagamento. In tal caso il Prefetto, non potrà far altro che constatare l’errore dell’agente accertatore e annullarle la contravvenzione. Marino Longhi Poncarale

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