Il bisogno di usare parole nuove e un vocabolario onesto

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In questo clima elettorale, culturale e sociale s’avverte oggi, sempre più la necessità di recuperare parole nuove, ma antiche, quasi perdute, come giustizia, onestà, correttezza, qualità che ogni cittadino per bene desidera: invece si parla solo di corsa verso il centro (politico) ormai sempre più affollato ed intasato, da parte di nuovi e vecchi soggetti. Questo soprattutto ai dibattiti televisivi di riferimento, alle cronache giornalistiche, alle dichiarazioni dei politici, al «gossip» che proviene da ogni parte, allo «jus murmurandi»: assistiamo ancora, in questi tempi, al potere negativo delle parole ed alla loro capacità distruttiva verso persone, fatti e realtà. Anche da parte di molti politici che hanno perduto il senso del rispetto per gli altri e per loro stessi, sia negli atti pubblici che nelle parole, poiché predominano l’insulto e la menzogna e quindi non offrono buoni esempi, tutt’altro. È giunto il tempo di recuperare un vocabolario pulito ed onesto, che rifiuti l’intolleranza e l’esclusione a priori. Speriamo che prevalgano la legalità (essa è un mezzo, il vero fine è la giustizia) mettendo le persone in condizione di rispettare le regole e la convivenza sociale, unendo uguaglianza di diritti e doveri, col rispetto delle differenze: il caso Letta-Meloni è emblematico. Dovremmo ricostruire un tessuto «civile» in cui invece di lanciarsi insulti ed ostracismi, le persone possano tornare a parlare di confronto nel rispetto della Costituzione. Mi auguro che nella scuola, perché si comincia sempre da lì, ed anche dalla famiglia, si recuperi il confronto con la realtà, e gli operatori scolastici possano e sappiano soprattutto, smascherare gli slogan o i luoghi comuni, ed insegnare ai giovani che la libertà si vive e si conquista ogni giorno, ma la si deve anche rispettare ogni giorno, reciprocamente, perché parafrasando il titolo di un libro scritto nel 1955 da Carlo Levi, e poco conosciuto, per tutti «Le parole sono pietre»

// Gianluigi Pezzali
Salò
Gentile lettore, chi non sottoscriverebbe le sue parole? Anche se forse si tenta di chiudere la stalla quando i buoi sono già scappati, e da tempo. Ma da inguaribili ottimisti, proviamo a credere ancora che la sferza del solleone fiacchi e non surriscaldi i più bollenti spiriti. Intendiamoci: i motivi di un confronto serio e aspro ci sono, a maggior ragione in un contesto segnato da una guerra in corso in Europa. A quasi ottant’anni dalla caduta del fascismo e a oltre trenta dal crollo del Muro di Berlino, certamente sarebbe l’ora di riportare la politica sul piano di un confronto civile e di merito, su valori e programmi. Ma all’ottimismo della volontà si oppone il pessimismo della ragione. Anche se in fatto di politica, almeno a Brescia dovrebbero avere ancora una qualche eco le riflessioni di Mino Martinazzoli circa l’indispensabilità della mitezza nella vita democratica di una società. (g.c.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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