Il bambino giostraio che ho ritrovato dopo tanti anni
Qualche sera fa, in compagnia della mia nipotina, ho trascorso una serata al Luna Park della mia città. Sono arrivate, le giostre, in occasione della festa del Patrono cittadino e, per un paio di settimane, si sono posizionate nella grande zona spaziosa che in Comune ha messo loro disposizione. Girando tra le varie attrazioni di divertimento, mi tornavano alla mente i ricordi dei tempi passati, quando anch’io mi entusiasmavo per la presenza delle giostre e, seppur con poche lire in tasca, riuscivo a provare l’emozione di qualche «giro». Frequentavo le scuole elementari. In occasione del loro arrivo, i bambini componenti le famiglie dei giostrai, venivano selezionati in base all’età, e indirizzati alla scuola elementare per il periodo di permanenza in città. Una volta terminato il soggiorno, i giostrai si spostavano in un altro paese o città e, i bambini dovevano frequentare le scuole del posto. Ad ogni spostamento si ripeteva lo stesso rituale. Noi, allora scolari con il grembiule nero ed il colletto bianco, ci vedevamo arrivare nella classe, uno o due di questi bambini girovaghi. Con noi rimanevano per circa 15 giorni cercando di apprendere ed imparare ciò che il maestro ci insegnava... (a volte immaginavo la fatica di adattabilità di queste creature, per ogni cambiamento di scuola, di paesi, di nuovi compagni di classe, dell’imparare, fare i compiti, studiare e, nel contempo, aiutare i familiari nel posizionare e nello smontare le impalcature delle giostre). Ricordo che uno di questi ragazzi, un certo Walter, per qualche anno si era aggregato per i soliti 15 giorni scolastici, e a tutti gli alunni della classe, regalava qualche biglietto o gettone omaggio per poter effettuare qualche giro sulle giostre. E proprio qualche sera fa, ho chiesto ad un giostraio se mai conoscesse un certo Walter... lui ne conosceva più di uno e, con cortesia, mi indicò la posizione giostraia in cui avrei potuto incontrarlo... Infatti, spostandomi da un posto all’altro l’ho incontrato. Lui; il Walter, non si ricordava certamente di me, (non avevo pretese), ma io, di lui, si. Mi sono presentato e gli ho ricordato la sua presenza scolastica, cercando di recuperare qualche ricordo di quei tempi. Ha avuto piacere e mentre seguiva i vari clienti, utilizzatori della sua giostra, mi ha detto: «Io, però, non ho vissuto da bambino». Gli ho stretto la mano mentre lo salutavo.
// Giorgio PaganiPalazzolo s/O.
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