I quindici martiri dell’eccidio del 1944 a Bovegno

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Nel ricordo dei martiri e nello spirito dei più alti valori della cultura antifascista è stato ricordato il barbaro eccidio nazifascista che il 15 agosto 1944 in Bovegno costò la vita a 15 cittadini innocenti. Quell’atto infame suscitò un vasto sgomento, nel contempo una forte indignazione, ma anche una grande collera di gran parte dei cittadini. Quella stagione - che si caratterizzò per l’offensiva partigiana, per le grandi speranze determinate dall’avanzata degli alleati e per la creazione di zone libere - fu anche uno dei momenti più drammatici della guerra di liberazione nazionale. Il mese di agosto 1944 vide tutti i fronti in movimento alimentando la speranza che la guerra volgesse al termine; fu allora che il terrore nazifascista compì, insieme ai feroci restrellamenti, i crimini più sanguinosi, le stragi più orrende. Il governo di Benito Mussolini chiamò a raccolta con ogni mezzo, anche con la violenza e l’inganno, tutte le sue forze, dalle divisioni dell’esercito di Graziani alla X Mas, alla legione Ettore Muti, alle brigate nere, alla Gnr. Le soldataglie di Salò furono guidate da aguzzini implacabili, dalle SS tedesche e italiane, dalla Wehrmacht e da reparti speciali della Rsi. Oggi, trascurando ogni lezione della storia, anzi falsificandola, si insiste nel presentare la Resistenza come uno scontro tra bande, come una guerra civile. A tale proposito ritengo che sia doveroso indagare su ogni aspetto della vicenda resistenziale e ciò va fatto con spirito di verità e metodo scientifico. Nel contempo, va espressa l’esigenza che non si può ribaltare il quadro generale, quale fu lo scontro decisivo e globale tra dittature fondate sullo sterminio e la violenza e le forze della libertà. A Bovegno la sera del 15 agosto di 73 anni fa, un razzo solca il cielo ed è il segnale d’inizio della spedizione punitiva. Tre autoblindo, diversi camion carichi di truppe nazifasciste, camionette e motociclette si concentrano all’ingresso di Bovegno. Molte persone, si sono ammassate sulla piazzetta Cimavilla per vedere cosa succede. I nazifascisti sparano sul gruppo inerme, rendendosi responsabili di un’orrenda strage nella quale caddero 15 persone, senza calcolare i feriti anche con conseguenze gravi, i saccheggi e gli incendi di case. Non ancora soddisfatti essi devono dimostrare l’uccisione di «quindici banditi» come li definisce Sorlini nel notiziario della Guardia repubblicana conservato nell’archivio Micheletti nel documentare l’incursione da lui voluta con l’ausilio della gendarmeria tedesca. Recuperano pertanto nelle case i corpi di alcune vittime tra cui quello di Ariodante Cofanetti che viene gettato dal balcone, nonché quelli portati nella sala mortuaria del cimitero trascinando questi ultimi legati ad un camion fino a piazzetta Cimavilla. Li allineano per terra e fanno sdraiare, a fianco degli stessi, alcuni uomini presenti in luogo delle salme che non hanno trovato, per poter immortalare la loro barbarie con delle fotografie. Al termine di questa orrenda strage i caduti sono 15 e precisamente: Gaetano La Paglia di anni 49, commerciante residente a Brescia; Aldo Vezzoli di anni 33, industriale residente a Brescia; Maffeo Omodei di Amadio di anni 48, falegname residente a Bovegno; Maffeo Omodei fu Angelo di anni 60, impresario edile residente a Bovegno; Giovanni Mazzoldi di anni 37, operaio residente a Bovegno; Giuseppe Gatta di anni 28, impiegato residente a Bovegno; Giovanni Mario Valentini di anni 32, autista residente a Bovegno; Luigi Vivenzi di anni 47, falegname residente a Bovegno; Battista Faustino Facchini di anni 15, contadino residente a Bovegno; Isacco Tanghetti di anni 35, operaio residente a Bovegno; Ariodante Cofanetti di anni 39, fornaio residente a Bovegno; Luigi Vecchi di anni 48, giornalista residente a Brescia; Giuliano Tanghetti di anni 15, apprendista residente a Bovegno; Giovanni Gatta di anni 44, operaio residente a Bovegno; Giovanni Facchini di anni 60, agricoltore residente a Bovegno.

// Renato Bettinzioli
Anppia Brescia

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