I politici di ieri e di oggi e il senso del dovere

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Mi è capitato in queste lunghe e calde sere d’estate di seguire, in mancanza di meglio, vari talk show con la partecipazione di politici e di opinionisti vari.

L’impressione non è stata molto esaltante. Si nota che i nostri rappresentanti sono espressione della cosiddetta «società liquida» senza valori di riferimento, senza ideali, dove vale tutto e il contrario di tutto. I partiti ormai non si aggregano più intorno ad un progetto di «bene comune» ma intorno al carisma di un leader e quindi si creano e si disfano velocemente.

E il confronto politico non è quasi mai dialogo sul bene comune ma scontro fra avversari.

Nessuno poi ammette di avere sbagliato, la colpa è sempre degli altri.

I grandi statisti sembrano essere scomparsi, non per niente gli ultimi due Presidenti della Repubblica hanno dovuto accettare il secondo mandato perché le forze politiche non riuscivano ad accordarsi sul nome del successore.

Rimpiango i grandi statisti del passato: De Nicola che rinunciò allo stipendio di capo provvisorio dello Stato, De Gasperi che si fece prestare un cappotto bello per andare in America a chiedere aiuti; Aldo Moro, martire delle Brigate rosse, con la sua stupenda frase che facevo imparare agli allievi: «Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere». Parole profetiche: la nostra società liquida non ha quel senso del dovere, non sa dove poggiarlo in modo che rimanga saldo nelle coscienze.

Poiché sono un inguaribile ingenuo e romantico concludo questa mia riflessione senza pretese dedicando a tutti i nostri politici e politicanti le belle parole del narratore del film «Don Camillo e l’Onorevole Peppone», quando i due si inseguono in bici sul ponte del Po: «Ecco ricomincia l’eterna gara nella quale ognuno dei due vuole disperatamente arrivare primo, però se uno s’attarda l’altro lo aspetta per continuare assieme il lungo viaggio verso il traguardo della vita».

Facevo vedere questo spezzone a scuola e commentavo: «Ecco ragazzi: questa, per me è la Politica».
Stefano Bolla

Caro prof. Bolla, la chiave sta proprio in quell’«insieme». Che non significa «contro», né «al posto di». Semmai «al fianco», pur nella diversità di pensiero, di veduta, di sentire. Con volontà costruttiva da esprimere anche nella scelta delle parole, nei toni, nel rispetto dell’avversario, a costo di andare controcorrente rispetto all’auditel che - come gli algoritmi digitali - premia la rissa e non il sano confronto. A chi fa o vuole fare politica consigliamo di leggere Marshall Rosenberg - indicato come padre della comunicazione non violenta - in «Preferisci avere ragione o essere felice?» a beneficio, appunto, della Politica. Al senso del dovere da lei già evocato, aggiungo un altro Senso, pure quello con la maiuscola, il Senso del Servizio, vera chimera dei nostri tempi. Dobbiamo abbandonare la speranza? Assolutamente no. Semmai alimentarla, nel quotidiano, facendo ciascuno la propria quota parte. Come sa fare anche lei. E di questo le siamo grati. (n.v.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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