I nostri soldati non sono dei mercenari

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Con questa lettera vorrei portare all’attenzione dell’opinione pubblica una notizia battuta da diverse agenzie Ansa che mi ha particolarmente colpito, in tempi in cui si discute della validità e l’importanza da dare alle missioni militari all’estero. Il tam tam mediatico è partito e il suo nome rimbalza su tutti i siti di informazione, complice Facebook presto lo sanno in molti. Viene spontaneo complimentarsi con la famiglia, con gli amici, ritenerlo un eroe, impavido. «Costantino Emanuele, Sergente del Reggimento Lagunari Serenissima, in missione di pace in Libano, salva bagnante in pericolo di vita, dopo aver messo in sicurezza il suo team di lavoro e se stesso, gettandosi tra le onde del mare». Questo è solo l’ennesimo esempio che sconfessa molte dicerie sull’esercito, sugli uomini su cui si punta il dito come mercenari quando si parla di fondi stanziati per le missioni di pace all’estero e ci si domanda se ne valga la pena, non godendo del favore di molti. Troppo raramente si sentono storie come questa che danno a questi uomini il «valore aggiunto» della divisa; anche senza sarebbero valorosi ma, rappresentando un Paese all’estero, dimostrano attraverso situazioni come quella che si è verificata nei giorni scorsi, di essere all’altezza del compito che svolgono, di essere pronti e di offrirsi al prossimo, chiunque egli sia. Ma forse, proprio perché addestrati e professionali, proprio perché mossi da una scelta personale e non da un obbligo di leva, proprio perché liberi nella loro scelta di rischiare la vita, vanno in questi luoghi, non certo tranquilli, per preservare l’equilibrio precario di una pace che troppo spesso è solo l’intervallo tra una guerra e l’altra. A lui, che oggi si distingue come uomo oltre che come soldato, perché probabilmente avrebbe agito in modo esemplare anche su uno dei nostri litorali, e a tutti gli altri nelle varie missioni, va un ringraziamento e un moto d’orgoglio. 
 
Lettera firmata

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