I meriti della prof. Bonomelli

VALCAMONICA
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Ho letto con vivo piacere sul Giornale del 9 novembre u.s. l'articolo «La pittura torna un secolo indietro» di Francesco Ferrati, nelle pagine della Valcamonica, riguardante il Convegno del 10 ottobre scorso di Pezzo che nell'ambito complessivo dell'arte medioevale della Valcamonica ha posto all'attenzione di studiosi e del pubblico la figura di «magister Jhoannes de Volpino».
Vi è però in esso una dimenticanza alla quale vorrei che fosse rimediato: il dovuto merito che va alla vera scopritrice di questo «petit maitre» del Trecento pittorico, la prof. Roberta Bonomelli, che l'ha «scoperto» nella sua tesi di laurea «La pittura del Trecento in Valcamonica», discussa all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia (anno 2002-2003. Relatore prof. Marco Rossi), che ebbe anche il premio del Centro Culturale del Sebino e Franciacorta) e che la stessa Bonomelli ha sintetizzata nella prima relazione del Convegno di Pezzo.
Come ho messo in rilievo nella mia relazione introduttiva di quella giornata, riguardante la «letteratura artistica» dell'arte camuna del Medioevo, Roberta Bonomelli ha due meriti: il primo di aver dato un quadro più completo circa l'importanza della fino ad oggi ancora sottovalutata pittura camuna (e bresciana) del Trecento, che ha esempi di buona rilevanza artistica, e di aver collegato la figura del prolifico frescante che dipinge tutta la chiesetta di S. Apollonia a Pezzo a quello identificato nella zona camuno-sebina (Tavernola, Branico di Costa Volpino), e quindi nel Trentino (soprattutto nel bacino di Cles) e nel Veronese (Sommacampagna) e di avergli dato un plausibile nome.
Infatti quel frescante «da Volpino» modesto artisticamente, ma che sa farsi riconoscere come bresciano-bergamasco, come ebbe a dire Nicola Rasmo (il «Gaetano Panazza» del Trentino), è significativo, come «prodotto popolare» di un tessuto culturale più colto; e che in tal modo si offre come riferimento identitario di una possibile traccia di una storia artistica della Valle, partendo dal Medioevo, e non solo dal «solito» Giovan Pietro da Cemmo, come è stato messo in risalto nel titolo, un po' enfatico, ma che ha colto nel segno.
Alberto Zaina

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