Ha spirito bresciano quel migrante che cura le aiuole
Ho fatto una passeggiata col fresco prima delle sette in viale Venezia e già che c’ero ho controllato e registrato che la protezione della testa rotonda dell’isola di centro è rotta: ne manca un pezzetto triangolare di superficie equivalente ad un quadrato di 10 cm di lato, all’incirca, ad occhio. In corso Zanardelli ho preso un caffè al Maffio, che è per me sul lato sbagliato, a sinistra: il mio degli anni Cinquanta era dall’altra parte, a destra. O sinistra, dipende sempre da che parte si guarda (allora stavo in corso Palestro, lo dico per chiarezza). Al ritorno in viale Venezia, più o meno all’altezza dei Comboniani sorpasso un ragazzo, un negretto (non saprei come diversamente definirlo) che fruga nell’aiuola con un falcetto piccolo (da ortolano, direi un «pudet») e tre passi più avanti un cartello con scritto a mano in stampatello maiuscolo e un po’ di traverso poche righe, il cui senso all’incirca a memoria, dice: «Sono un ragazzo povero, non voglio chiedere l’elemosina, voglio inserirmi ed integrarmi, mi impegno a tenere pulite le aiuole ed i marciapiedi. Se credete potete darmi 50 centesimi e magari qualche attrezzo. Grazie». Glieli ho dati e la prossima volta se ricapita gliene darò uno intero di euro. Ma soprattutto mi preme precisare che ritengo che anche Salvini sarebbe d’accordo a riconoscere ed apprezzare un ragazzo sveglio ed intraprendente, come di certo lo riconosceranno i bresciani, che svegli ed intraprendenti lo sono da sempre, e sanno benissimo che nelle cose, in tutte le cose, parcheggi o migranti che sia «modus est in rebus».
// Aimo AliprandiBrescia
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