Grazie Mister, non scorderemo la tua passione
Forse i lettori più frettolosi non hanno notato che l'articolo pubblicato dalla sua testata in data 12 ottobre intitolato «Mister cerca l'arbitro a casa: squalificato», termina con dei puntini di sospensione e non con il comune punto fermo.
Questi, per loro natura, lasciando di fatto aperto l'argomento ad ulteriori riflessioni, generalmente ne gradiscono e ne richiedono la legittima continuazione. Nulla voglio aggiungere alla cronaca del fatto che il sig. Rezzi si sia recato presso l'abitazione dell'arbitro dopo la partita. Nulla ancora voglio aggiungere alla decisione del giudice sportivo che ha punito con 6 mesi e mezzo di squalifica tale comportamento. Confesso però che raramente mi capita di condividere un dato avvenimento «senza se e senza ma» e invidio chi lo sa fare con tanta facilità perché, evidentemente, è in possesso della verità assoluta. Non si discute che un regolamento, quando c'è, è fatto per essere rispettato. Ma una persona, quando è sempre stata onesta e corretta, è fatta forse per essere rinnegata al primo sbaglio? Sarebbe bello che tutte le parti entrate in gioco in questa vicenda provassero a dare una risposta sincera... ma qui si entra nel campo della mera utopia. Mi accorgo che, senza volerlo, usando le parole «gioco» e «campo» ho creato un calzante riferimento al calcio, sport meraviglioso finché non ci si dimentica che è, sempre e comunque, uno sport di squadra.
In una squadra, come in una grande famiglia, ci si sostiene a vicenda, a maggior ragione nei momenti di bisogno. Inutile dire che voltare le spalle è molto più facile e più veloce. Ritornando a quei puntini di sospensione, sui quali ho richiamato la vostra attenzione, vediamo che non sono collegati né all'aspetto tecnico né all'aspetto giuridico del fatto accaduto. Se ne stanno, invece, in fila ordinata dopo un discorso etico - morale, tanto vago quanto inaspettato, su quei «buoni insegnamenti» che sarebbero mancati ai ragazzi della categoria Allievi del Concesio. Ed è a questo punto che, nel duplice ruolo che mi compete di mamma e di insegnante, ritengo sia mio diritto e mio dovere aggiungere, finalmente, qualcosa. Apprezzo moltissimo il silenzio che, spesso, si rivela la strada giusta da seguire. Non in questo caso. Non di fronte al maldestro tentativo di trasformare una persona in una marionetta che si muove, suo malgrado, in un misero teatrino allestito per il divertimento di pochi. Non davanti all'inguardabile spettacolo di un uomo umiliato, oltre che nel suo status di allenatore del settore giovanile, nella sua più intima dignità di marito, di padre, di educatore. Lo sento troppo stretto, oggi, il silenzio. E reagisco, anche se la voce esce piano, facendosi largo a fatica tra l'incredulità e lo sgomento, e vorrebbe urlare, lo so, come sempre succede davanti ad un'ingiustizia. Non è certo capitata una disgrazia, ai «poveri» ragazzi del Concesio nell'aver incontrato sulla propria strada il sig. Rezzi, come qualcuno in modo non troppo velato vuol far intendere.
Al contrario hanno avuto la fortuna di avere, per un breve tratto del loro percorso, una guida preziosa. Mister Vittorio, se nell'età della diffidenza per antonomasia, com'è quella dell'adolescenza, i tuoi ragazzi ti hanno donato la loro fiducia, ci sarà un perché. Se in tempi in cui ci si ritrova sempre più esigenti in ogni contesto, noi genitori ti abbiamo manifestato la nostra gratitudine per il tuo operato, ci sarà un perché. Due perché che hanno un'unica, ovvia, risposta. Per chi non dovesse arrivarci da solo, un aiuto: te lo sei meritato. E poco importa, ormai, che la Società Concesio Calcio prenda o meno altri provvedimenti; lo può fare, visto che ne ha il potere, ma lo faccia almeno con la consapevolezza di perdere uno dei migliori. I tuoi ragazzi te l'hanno già detto il loro «Grazie di tutto» scritto a grandi caratteri sulla maglietta con tutte le loro firme affettuose. La stessa maglietta che stringevi con forza, quasi a ricavarne un sostegno, mentre a testa bassa ti allontanavi dopo l'addio. Alle tue spalle, oltre al campo vuoto, hai lasciato la passione di una vita, i tanti progetti, quelli iniziati e quelli solo sognati, tutti i «buoni insegnamenti» dati e tutti quelli che, sicuramente, avresti continuato a dare.
Tu il tuo «Grazie» sentito e commosso ce l'hai fatto pervenire con la lettera che rivela il tuo animo buono che solo i modi burberi e lo sguardo severo riescono a nascondere al primo impatto. Mancava solo il nostro unanime «Grazie» che ufficialmente, proprio in questo momento di difficoltà, non ti abbiamo ancora detto. Tu lo sai che le cose piccole e semplici possono avere un valore immenso. Ed è proprio con una semplice e piccola parola, com'è il nostro «Grazie», che oggi vogliamo farti sentire tutta la nostra solidarietà.
Grazie, Mister... di cuore.
Mariella Damiolini
(e i genitori tutti degli Allievi del Concesio)
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