Gli immigrati, gli italiani e la storia

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Mi capita, per lavoro e per svago, di incontrare parecchia gente, o frequentare esercizi commerciali o aziende locali. Se, ad esempio, entro in un bar, cerco sempre di captarne l’organigramma, cioè chi è dipendente, chi è titolare chi fa cosa ecc... A volte anche l’atmosfera che si respira, e se i rapporti tra le persone sono buoni o meno. Recentemente ho avuto l’ occasione di pranzare in un locale vicino al casello di un paese bresciano, sull’autostrada per Piacenza. Un locale da pranzi veloci... Panini, o un self service che scimmiotta gli autogrill. Non c’era molta gente, come spesso capita in questi periodi, ma si capiva che la struttura era stata pensata per ospitare autisti e rappresentanti e non riuscivo a non pensare al locale pieno di gente, telefonini e giornali, voci e risa. Quel giorno eravamo in cinque. Due ragazze italiane sulla trentina lavoravano nella zona self service, una addetta alla cucina e una al servizio. La cucina era grande e a vista. Si capiva che in tempi non lontani aveva visto numerosi cuochi affaccendarsi intorno. Ordinai, e l’acqua me la portò una donna cinese, inguainata in una improbabile tutina leopardata molto truccata e con tacchi alti, dai modi molto gentili. Quando pagai, alla cassa c’era un ragazzo, cinese anche lui, a cui diedi i soldi. Fu chiaro che i titolari fossero i cinesi e che le ragazze, probabili lavoratrici del titolare precedente, avevano il compito non solo di far da traghettataci dal vecchio al nuovo, ma anche e soprattutto di italianizzare maggiormente il ristorante. Da grandi commercianti quali sono, i nuovi proprietari avevano capito che, specialmente sul cibo, avere un italiano fronte cliente paga tantissimo in termini di lavoro. In tutto il mondo il Made in Italy fa vendere di più e anche loro, residenti in Italia si sono adeguati, senza inutili isterie (probabilmente con molto meno avrebbero potuto assumere dei conterranei). Non è la prima volta che mi capita, e l’ho riscontrato anche in città. In un negozio di oggettistica cinese, c’è un ragazzo di colore che ti serve e i titolari si sono ritagliati un ruolo di fondo, sorvegliano, comprano la merce, la espongono, fanno anche il lavoro più pesante se vogliamo, ma lasciano a lui il compito di interagire con il cliente. È chiaro che si nota un’intelligenza e un adattabilità fuori dal comune. E, contrariamente a quello che popolarmente si pensava, una capacità di integrazione che noi italiani non abbiamo. C’è anche un ristorante cinese che fa fare le consegne a domicilio ad un anziano signore italiano in motorino... Probabilmente approfittando della sua conoscenza delle strade bresciane. Oggi per lavoro ho incontrato un signore albanese, proprietario di una ditta di trasporti, che ha, alle sue dipendenze, un africano. Ho un amico italiano che vende prodotti e accessori di telefonia e fornisce, a dei negozi di proprietà cinese, le sue merci. Non sono gli esempi di imprenditoria straniera che mi stupiscono (del resto gli egiziani hanno cominciato con aziende di lavoro interinale, composte però da tutti loro connazionali) ma questa miscellanea di razze e culture che si modellano secondo i bisogni del commercio/lavoro. Chi sa fare, fa. È il vagito del distacco che ormai l’immigrato in Italia sta mettendo in atto rispetto alla propria patria, il seme della sua integrazione e stabilità nel nostro Paese. Dovrà passare ancora molta acqua sotto i ponti, ma ci accorgeremo, ad un tratto, quanti passi avanti si saranno fatti, senza bisogno di imposizioni legislative o restrizioni burocratiche. Trovo il tutto positivo e interessante sia dal punto di vista sociale che antropologico, e si sta avverando quello che, in una accesa discussione di una decina di anni fa, sostenevo tra gli sguardi attoniti dei miei commensali: cioè che noi non abbiamo potere sulla storia, possiamo sparare a mille barconi di immigrati per farli tornate alle loro case, ma non basterà, possiamo criticare mille volte gli usi e costumi dei nuovi arrivati, ma saranno le loro nuove generazioni che accoglieranno, in parte, i nostri. Saranno loro che vorranno (e vogliono) integrarsi e, a nostra volta, ci abitueremo ad alcune loro usanze, che comprenderemo nel momento in cui le guarderemo con maggior rilassatezza. Non fermi la storia e i suoi mutamenti, non è possibile. Alberto Benzoni

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