Gli animali non fanno danni Noi umani sì

Lettere al direttore
AA
Fac
cio pervenire un breve riassunto di quanto successo durante le mie ferie estive, sia come sfogo personale, sia come cronistoria di un fatto increscioso.
Il giorno 13 agosto mi reco assieme alla mia compagna presso località Mola, sulle alture sovrastanti la ridente località turistica di Edolo, per fare come da rito consolidato una grigliata estiva. Con mia sorpresa iniziale mista a curiosità sento chiamare Beppe, «short name», nome breve ad indicare Giuseppe il mio nome di battesimo.
Dopo essermi guardato intorno, intenerito scorgo dei bambini che chiamano il mio nome, nonostante mi fossero assolutamente estranei.
Capirà immagino la mia sorpresa mista ad un certo sconcerto nel veder sbucare un cagnolino, che festoso si precipita scodinzolando verso i pargoli, che sicuramente in modo innocente, chiamano il cane con un nome a mio parere più adatto ad un umano, si direbbe un nome da cristiani, sebbene Giuseppe sia diffuso da nord a sud dell’Italia, in tutto il mondo in varie declinazioni e in persone dalle più disparate religioni.
Mi chiedo se sia giusta questa umanizzazione, che non giova prima di tutto a loro, visto il rispetto che io per primo porto al mondo animale, e non giova a noi che dovremmo essere migliori e dunque distinguerci per diventare paladini dei loro e dei nostri diritti.
Il cane, libero di scorrazzare per l’area pic nic, si aggirava per i tavoli e stava per orinare sotto quello che avevo apparecchiato e dove tenevo le mie vettovaglie. Fortunatamente sono riuscito a scansarlo, sotto l’occhio dei padroni che non notavano il cane libero di deambulare, non intervenivano per richiamarlo, ma che hanno drammatizzato il mio gesto privo di conseguenze se non di salvare il tavolo dall’essere marcato con l’urina del cane di passaggio. Il triste epilogo invece è stato insulti e mani addosso, che solo il celere intervento di un carabiniere in borghese a cui ho fatto i complimenti, ha evitato degenerasse in denunce o peggio.
Da allora ho cominciato a notare il comportamento dei padroni di cani, nelle varie giornate vacanziere che più o meno sono trascorse tranquillamente, nonostante il trauma per quanto successo.
Abbiamo in Val Camonica una bellissima via Valeriana, ma anche Carolingia… chilometri di piste ciclabili e pedonabili, ma soprattutto ciclabili per decongestionare il traffico su strada, se non fosse che, pur non volendo generalizzare, i padroni di cani lasciano libere o con guinzagli lunghi metri e metri, queste bestiole che possono farsi male, ma anche fare cadere i ciclisti. Sui sentieri di montagna la situazione non cambia, ma peggiora. Cani liberi di passarti fra le gambe col rischio di farti cadere, liberi di correre dietro ad animali selvatici ed al pascolo, ma anche liberi di lasciare bisognini grandi e piccoli sul sentiero sotto l’occhio compiacente del padrone.
Vista anche la brutta esperienza di cui sopra, mi guardo bene dal redarguire chi lascia libero il cane vittima quanto noi del comportamento scorretto del padrone. Il fanatismo quasi religioso di chi possiede un cane, senza generalizzare,
ha superato ogni limite e buon senso, senza che apparentemente qualcuno cerchi di arginarlo, anzi, magari cavalcando l’onda per fini politici ed elettorali.
Al contrario io mi sento di fare un appello a chi può e dovrebbe, perché al cane non venga riconosciuta una dignità umana, ma nemmeno venga trattato come un bambolotto che deve soddisfare i capricci del proprio padrone diventando emanazione dell’ego e della personalità del padrone medesimo.
Mi chiedo se sia giusto nell’interesse di entrambe le parti, considerare il cane sì come un essere vivente, ma che non deve essere affidato ad un essere umano con leggerezza, proprio per salvaguardare la sua animalità che dev’essere tutelata e non «snaturata». Forse i tempi sono maturi perché il padrone, non il cane, venga addestrato alla convivenza con un animale e con gli altri esseri viventi, compresi gli esseri umani.
Che sia necessario un corso, un attestato, un patentino… ma anche pesanti sanzioni per i trasgressori, perché come sappiamo bene, in Italia manca una parvenza di senso civico.
Nonostante sia conscio che la maleducazione sia figlia dei tempi, non posso che lanciare il mio sassolino nello stagno, sperando nel mio piccolo di non fare un mero esercizio di retorica, ma in chi lo ritiene di stimolare un esame di coscienza su questa e su tante cose si potrebbero migliorare, per noi e per gli altri, cominciando da noi stessi, che dobbiamo prima di tutto dare l’esempio
.
Giuseppe (Beppe)
Caro Beppe,
più che un sassolino, lei getta un masso in quello stagno che è il rapporto tra esseri umani. Sì, tra umani, poiché gli animali di responsabilità ne hanno pochissima: si comportano secondo natura o in base all’addestramento ricevuto. Siamo noi invece a dover fare un esame di coscienza e ad imporci un’educazione alla convivenza. Soltanto così eviteremo episodi spiacevoli, come quello che ha raccontato, e costruiremo un mondo migliore, improntato prima sul rispetto, poi sulla tolleranza. (g. bar.)
P.S. L’addestramento è diverso dall’educazione, poiché uno si impone, l’altra si impara. Per il primo basta un patentino, come lei suggerisce, per la seconda occorre una coscienza e soprattutto una cultura.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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