Giovanni Freddi e i suoi anni al Villaggio Badia

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L’ultima volta, l’avevo sentito al telefono tre anni fa. Con entusiasmo, aveva accettato il mio invito di partecipare ad una serata al Villaggio Badia, per rivedere coloro che lo avevano conosciuto agli albori del quartiere marcoliniano attorno gli Anni ’60. Avrebbe voluto ricordare molte iniziative e battaglie da lui condotte sotto il profilo politico, come consigliere comunale. Le sue finalità erano di rendere il nuovo villaggio più agganciato alla città, e non sperduto nell’allora campagna addossata alla cascina detta «dei Toninelli» - ex abbazia vallombrosiana dei Santi Gervasio Protasio. Fece molto per avere le strade asfaltate; allora infatti, ad ogni pioggerella si procedeva nel fango. Ci furono iniziative per le nuove scuole, riuscì a far modificare il percorso del mitico pulmino «il Leoncino» O.M. spostandolo all’interno del Villaggio, questo per evitare ai residenti di doversi recare presso le scomodissime fermate di via Vallecamonica, nei pressi della «santella», poi smantellata (ora rifatta all’angolo di via Badia e Santellone). Si industriò per l’apertura della farmacia. Diede un importante impulso alla cultura, fondando il circolo culturale «Il Gufo» con sede in traversa II, improntato sull’ottica del parlare a tutti, senza distinzione alcuna. Attento che ogni incontro si svolgesse in modo semplice e comprensibile. Mi disse di aver letto il bel libro «La Badia Marcoliniana» stampato in occasione del 50° anniversario del Villaggio Badia. Uno sforzo notevole, positivo, anche se mancante delle voci e dei ricordi di persone ancora vive che, se interpellate, avrebbero potuto dare il proprio contributo ad una conoscenza più precisa di molti fatti accaduti non trovabili su articoli di giornale o note parrocchiali. Con benevolenza mi redarguì, in quanto avevo un po’ mancato alla responsabilità datami. Infatti, quando chiuse il circolo culturale per la sua nomina di docente in glottodidattica presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, (io allora avevo 27 anni,era il 1969) mi consegnò le chiavi della stanza, perché io disponessi del locale per le prove delle commedie del nostro inesperto gruppo teatrale e prendessi inoltre in custodia i libri della biblioteca. Non andò esattamente come lui desiderava, e come è stato scritto. Peccato. Ci siamo lasciati con la speranza, che purtroppo non si è avverata, di trovarci al villaggio Badia per un bellissimo incontro di reminescenze. Se ne andato, in silenzio, dopo aver dedicato molti anni all’insegnamento delle lingue (applicata, educativa, acquisizionale) sia agli adulti che ai giovani. Ha scritto molti libri didattici per le scuole, ed è stato un precursore della glottodidattica. Una persona affabile, amante della propria attività culturale. Sapeva trovare delle parole semplicissime per spiegare cose complicate. Fu lui che negli Anni ’70 lanciò il progetto «Italiano insegnato come lingua straniera e lingue straniere insegnate anche nelle scuole primarie»: il C.N.R. finanziò tale idea. Ebbe a dire: «La lingua va insegnata, assieme al modo di vivere e di pensare di chi la parla». In effetti anticipò di venti anni il concetto europeo di bilinguismo, ora in vigore. Agli abitanti di Brescia e della Badia che con lui hanno operato, ed agli abitanti che non l’hanno conosciuto, un invito: di avere un pensiero di riconoscenza per ciò che ha fatto per la nostra comunità, e per ciò che è stato Giovanni Freddi. Un bresciano amico di tutti, distributore di cultura. Per me è un obbligo morale, ed un onore, ricordarlo Grazie // Eugenio Gandellini

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