Gentilezza e cultura ecco i miei ricordi di Giorgio Schreiber
Ho letto, scorrendo i necrologi sul vostro giornale, che è il nostro da sempre, che è morto il signor Giorgio Schreiber, e, tra me e me, ho pensato che gli dovevo, oltre a una preghiera e a un saluto interiore, almeno qualche riga, in considerazione anche del significato della sua oreficeria per la nostra città. La nostra famiglia conosce quella degli Schreiber da molti anni, direi da sempre: mio padre, ottantanovenne con molti acciacchi, ma con la mente lucidissima, ricorda ancora bene l’estrema finezza della mamma del signor Giorgio che sapeva sempre suggerire sorridendo il gioiello più adatto a soddisfare la sua richiesta, semplice e non eccessivamente costoso, ma elegante. Riguardo al papà del signor Giorgio ho un ricordo buffo e particolarissimo. Eravamo andati in negozio per far accorciare per me la catenina di un pendentif che era stato regalato alla mia nonna paterna quando s’era sposata nel 1926. Frequentavo l’Università a Pavia, e, quel giorno, m’ero fatta la coda di cavallo; per farmi indossare il gioiello e misurare di quanto ridurre la catenina, l’orefice mi aveva gentilmente chiesto: «Può sollevare un attimo la coda, signorina Cavalli?». C’eravamo messi tutti a ridere, io per prima, abituata fin da bambina ai possibili giochi di parole legati al mio cognome, e il padre del signor Giorgio e lui stesso con noi. Da ragazzina, di tanto in tanto sentivo dire in casa: «Andiamo da Schreiber!». Lì, saltata la guardia, sempre la stessa, quasi un tutt’uno con la famiglia, che ci apriva la porta con deferenza, trovavo il signor Giorgio, laureato in Lettere come me, intento in genere a leggere o a far qualcosa in laboratorio o a riporre preziosi. Quasi sempre andavamo tutti e tre, la mamma, il papà ed io, per cercare un regalo per le numerose spose per le quali mio padre è stato testimone di nozze o per altre ricorrenze fino al matrimonio di mio fratello, con la ricerca di una parure per la futura nuora e cognata. Lui, il signor Giorgio, era sempre lì: era un po’ timido, in fondo; era gentile, non particolarmente chiacchierone, anzi, forse, talvolta, un po’ schivo, ma sorridente, con quei suoi occhi azzurrini resi più piccoli dalle spesse lenti da miope; uomo coltissimo, sapeva essere ironico nei commenti. Se avevamo abbastanza tempo, s’informava sulla nostra salute e la nostra vita, e parlavamo insieme di tutto un po’. A me pareva che quelle chiacchiere, in fondo normalissime, spesso relative a Brescia, a com’era stata e a com’era, si svolgessero, dietro quella vetrina in pieno centro, in un’atmosfera ovattata e rarefatta. Solo dopo essere uscita da lì, il mondo mi ritornava incontro con i suoi ritmi, il dolore, la e le realtà che, per un poco, erano parse come «sospese». Quando facevamo la nostra richiesta, il signor Giorgio pensava un po’, a volte alzando lo sguardo come a ripassare mentalmente quanto poteva proporci; poi estraeva i cassettini dei suoi gioielli e, conoscendo ormai i nostri gusti, sceglieva da ogni cassetto e stendeva sul tappetino (non so - lo confesso - se abbia un nome tecnico) i gioiellini tra i quali scegliere, invitandoci spesso a prenderli in mano. Poi il signor Giorgio soppesava la collana, l’anello, il monile prescelto con le mani (prima di pesarlo) e lo studiava con gli occhi, aiutandosi con una lente e con un monocolo; ci illustrava i pregi dell’oggetto e, in qualche caso, ci diceva anche chi l’aveva realizzato o disegnato. Si «serviva» da un maestro orafo secondo me bravissimo nella realizzazione di bracciali di una finezza squisita, forse non particolarmente appariscenti, ma cesellati in modo sublime, e, poiché quell’artista era morto da poco, ricordo che ci aveva detto che ora «disegnava per gli angeli». Non so niente degli ultimi mesi del signor Giorgio. Ho letto che era ricoverato nella Rsa «Luzzago»; da tempo non lo incontravo più in corso Magenta, accompagnato dal suo «badante». Aveva quasi sempre un tocco di eleganza, anche se l’età l’aveva incurvato e ormai riconosceva le persone che lo salutavano solo dal suono della voce, come mi aveva confidato anni fa. Chissà se ancora conservava nel suo spiriti la bellezza e lo splendore dei gioielli che aveva selezionato e venduto nel cuore della nostra città! Riposi in pace, signor Giorgio: ora anche lei ha «incontrato gli angeli!».
// Mariateresa CavalliCarpenedolo
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