Furti al cimitero Il dolore di una mamma

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Sono mamma, o meglio sono una mamma speciale: con la mia bimba, Mariavittoria, abbiamo lottato per un anno contro una malattia genetica, che purtroppo a fine febbraio ha avuto la meglio. Ora ho un angelo che mi protegge e io continuo a fare lo stesso per lei e a prendermi cura. Il dolore di ciò che la vita mi ha privato e la sofferenza di vedere una neonata costantemente in ospedale è sommato allo sdegno dei ripetuti furti che avvengono nella cappella del cimitero Vantiniano in cui è sepolta la mia bimba. Una cappella che, come dico io, è la sua nuova casa. Il cimitero è un luogo sacro e dovrebbe essere un porto sicuro per i familiari che hanno i loro cari sepolti, un posto in cui sentirli vicini, parlare con loro, sfogarsi, portare doni. Per me è questo. So che la sua anima è ovunque, ma il suo corpicino è lì e le continue violazioni sono come delle pugnalate allo stomaco. Andarla a trovare è l’unica cosa che mi rimane ed è per me motivo di sollievo portarle fiori, piante e candele o regali delle persone che ci amano. Provi a immaginare la sensazione di entrare nella «casina» di sua figlia, considerando quanto sia difficile di per sé accettare una cosa così disumana, e trovare queste sorprese. Sono gesti barbari, fatti da persone prive di umanità e io non voglio stare a guardare inerme. Ho fatto una promessa a mia figlia, che non l’avrei mai lasciata sola, quindi chiedo a voi cosa posso fare: devo installare delle telecamere? Devo chiamare le forze dell’ordine?
La mamma di Mariavittoria

Carissima,

ciò che lei denuncia si commenta da sé. Esiste una banalità del male pure per i gesti irrispettosi, per le bassezze umane che feriscono chi è più sensibile, indifeso.

Potremmo chiuderla qua, invitandola a rivolgersi alle forze dell’ordine, ma le faremmo un torto.

Non ce la sentiamo di chiudere la questione come fosse una pratica, limitandoci a stigmatizzare questi episodi, con un j’accuse colmo di retorica.

Ciò che vorrei dirle, da papà a mamma, è che insostenibile è il peso del dolore se, a quello incommensurabile per la perdita di una figlia, si aggiunge la rabbia, la desolazione, lo sconforto, la sensazione di sfregio per la profanazione di un luogo «sacro».

Siamo certi che di questa terra Mariavittoria non dia più peso a nulla, tranne appunto che al sorriso, alla serenità della sua mamma.

Non lo faccia dunque per noi, bensì per sé e per lei: lasci scivolar via la barbarie altrui, non se ne faccia eccessivo cruccio, conservi Mariavittoria nell’unico tabernacolo non soggetto a invecchiamento o incuria: il suo cuore di mamma. (g. bar.)

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