Fratello disabile e costi di trasporto insostenibili

Lettere al direttore
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C’era una volta una legge bellissima, si chiamava Costituzione e, nella parte sui valori e principi fondamentali, recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche o condizioni personali e sociali. La Repubblica ha il compito di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che impediscono l’uguaglianza effettiva». Poi è stato approvato il decreto legislativo 62/2024, che oltre alla forse non fondamentale modifica dei termini «portatore di handicap» in «persona con disabilità», contiene anch’esso cose bellissime. Come il «progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato» o «l’obiettivo è quello di assicurare alla persona il riconoscimento della propria condizione di disabilità, rimuovendo gli ostacoli e attivando i sostegni utili al pieno esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, delle libertà e dei diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, liberamente scelti». Cose bellissime, ripeto, che quando le leggi ti viene da pensare che l’Italia è diventata il paradiso dell’inclusione e della semplificazione per le persone con disabilità. E poi c’è la realtà reale, quella brutta brutta, per la quale un amico miodistrofico dalla nascita, 70 anni che gli hanno portato regresso fisico e motorio, avendo una certificazione fisiatrica con necessità di effettuare fisioterapia (per cercare di migliorare la qualità della vita, non per andare in vacanza), con una coraggiosa ed intrepida sorella come caregiver (che si prende cura di lui ma che, se vuole procurarsi la bistecchina per lei ed il fratello, deve lavorare facendo i turni in ferrovia), per effettuare 15 sedute di fisioterapia due volte alla settimana, ha dovuto affrontare il problema del trasporto da casa sua in zona Sant’Anna alla Domus. Scoprendo che tale trasporto comporta la «modica» cifra di 1.800 euro con ambulanza e la «meno modica» cifra di 400 euro con automobile. Trasporto evidentemente riservato esclusivamente alle persone che se lo possono permettere economicamente; alla faccia di tutte le bellissime cose indicate nelle norme citate in precedenza. Perché nella famiglia dell’amico miodistrofico entra solo lo stipendio della sorella, per la quale anche i 400 euro (come per tutte le famiglie «normali») non sono proprio bruscolini ed è pertanto costretta a fare i salti mortali per la gestione sul lavoro con la gestione dei permessi della legge 104. Che avrebbe preferito utilizzare per altre necessità del fratello, come ben sanno i caregiver.

Vito Lancellotti

Caro Vito, colmare la distanza tra le ottime intenzioni della Costituzione e le pessime soluzioni dello Stato è più arduo che chiedere al suo amico di andare a far fisioterapia a piedi. Una constatazione amara, confermata dalla vicenda che racconta, simile purtroppo a troppe altre. In tutta quest’ombra vogliamo però risaltare una lama di luce: la «intrepida sorella», che concilia il prendersi cura del fratello con i turni in ferrovia. Sono le centinaia e centinaia di persone come lei a riannodare uno ad uno i fili di una tela che altrimenti da un pezzo si sarebbe sfaldata: quella della nostra comunità, che è tale proprio per lo spirito di iniziativa di ciascuno, che si rimbocca le maniche e si carica sulla schiena il carico che capita. E pretendere che la macchina pubblica sia più efficiente, più giusta, non è un vezzo, bensì l’unico modo che conosciamo per dire grazie a quelle persone e guardarci allo specchio senza provare vergogna. (g. bar.)

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