Fin da piccola educata a rispettare i limiti di velocità

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In questi giorni sto leggendo con stupore le polemiche sui quartieri «zona 30» e sulla presunta rimozione dei tutor in tangenziale. Mi viene da sorridere perché ho 40 anni e non 80, eppure sono stata educata sin da bambina alla prudenza. Da sempre vivo a Brescia nel bellissimo Villaggio Ferrari. Un quartiere con vie strette e tanti cortili dove noi bambini passavamo i nostri pomeriggi a giocare a pallone. Mio papà percorreva queste strade con sua Fiat 128 quasi a passo d’uomo e una volta gli chiesi «perché vai così piano?», mi rispose «perché se mi sbuca davanti un bambino voglio poter frenare in tempo. Se lo investissi non me lo perdonerei mai». Non ho mai dimenticato queste parole e quando hanno istituito la «zona 30» nel Villaggio per me non è stato un problema rispettarla. A differenza di tanti automobilisti di passaggio che usano, per esempio, Via Berardo Maggi come scorciatoia per evitare il traffico di Via Duca degli Abruzzi. Ogni volta che li vedo sfrecciare per quella via stretta, mi chiedo se stanno pensando alle possibili conseguenze del loro comportamento. Viviamo in un’era in cui il tempo ha perso ogni significato, in cui riceviamo messaggi e notifiche che ci tengono sempre all’erta e la risposta immediata è diventata una regola. Non riusciamo più a valutare la differenza - veramente ridicola - tra arrivare 5 minuti prima o dopo. Ho anche lavorato per un anno in Via Vittorio Veneto, possibile futura «zona 30» e non mi sembra così assurdo tutelare i pedoni in una via piena di attraversamenti. Proviamo a rallentare, non solo l’auto ma la nostra vita, non credo che ci farà male.

// Olga C.
Brescia

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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