Estraneo ai fatti ma non basta: lo deve ridimostrare
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Torno ancora sul tema, già affrontato in questa rubrica, della endemica disfunzione della Pubblica Amministrazione e della sua (apparente) irriformabilità. È sempre un piccolo imprenditore (i più indifesi di fronte alle molte protervie dell’amministrazione qualunque essa sia,da quella dello Stato a quella del Comune, per passare attraverso Regioni, Provincie etc.) che ci scrive di una lettera ricevuta dall’Inps Milano Nord in cui viene informato «che da una verifica dei nostri archivi risulta che, in qualità di legale rappresentante della ditta... non ha versato all’Inps per i periodi di competenza, dettagliatamente indicati nei prospetti indicati..., le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori». Di seguito vengono elencate le conseguenze anche e soprattutto penali (personali) che tale mancato adempimento comporta. Infine la lettera conclude: «Se non è il responsabile del mancato versamento dei contributi, la invitiamo a comunicare ai nostri uffici il nome del titolare o del legale rappresentante legalmente responsabile» (e che fine ha fatto la Bassanini del 1997 sulla semplificazione amministrativa?). I mancati versamenti dei contributi riguardano il periodo giugno-ottobre 2014: il nostro imprenditore ha ufficialmente cessato ogni carica nella società oltre un anno prima (6/5/2013), ha fatto tutte le comunicazioni di rito compresa quella al registro Imprese della Cciaa: ha così stampato una visura storica della società in questione e l’ha inviata per raccomandata all’Inps nella speranza che giunga nel corretto ufficio di competenza, non indicato nella lettera, a dimostrazione della sua estraneità ai fatti imputati. Ed ecco la questione: perché un cittadino, che ha svolto tutte le comunicazioni richieste dalle sempre più complesse normative, deve dimostrare la sua estraneità ai fatti quando sarebbe bastato all’Inps stampare una semplice visura storica della società in oggetto dal registro imprese della Cciaa per verificare il responsabile? Perché tocca sempre al cittadini dimostrare l’estraneità e non alla Pubblica Amministrazione dimostrarne la responsabilità? Risulta sempre più evidente che la riforma cruciale per l’Italia sia quella della burocrazia (nemmeno quella comunale, e dei comuni più piccoli, deve rimanerne estranea): a tal proposito è esemplare la testimonianza di Piero Ichino che in un suo articolo («la manina sapiente che difende l’opacità delle amministrazioni» - www.pietroichino.it) narra di come un burocrate qualsiasi sia in grado di cambiare il senso di una norma votata dal Parlamento mutando una semplice preposizione. L’opacità, la transandatezza, l’imprecisione, l’ossessiva pervicacia all’interpretazione della norma più favorevole all’amministrazione, la burocratizzazione eccessiva delle procedure sono i fenomeni che tutti insieme contribuiscono a rompere il patto di solidarietà tra cittadino e stato ed ad allontanare lo stesso dalla politica giudicata incapace di qualsiasi riforma di un apparato mastodontico ed autoreferenziale. Ritengo necessario che: 1) la riforma della Pubblica Amministrazione sia appoggiato da un forte movimento di opinione pubblica che si mobiliti a favore di una civiltà dell’amministrazione: il governo, lasciato solo, non riuscirà a produrre efficacia poiché rimarrà invariabilmente ingabbiato dallo spirito corporativo dell’apparato; 2) si inizi con la riforma degli apparati comunali, con l’utilizzo sempre maggiore delle tecnologie digitali capaci di portare, se introdotte con le corrette modifiche normative, notevoli semplificazioni. // Federico Cancarini Libertà Eguale Circolo Martinazzoli - Loda Brescia
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