Ecco i nuovi controlli dell'Inps
In questi giorni molte persone con disabilità hanno ricevuto e riceveranno una lettera raccomandata da parte dell'Inps di Brescia dove si chiede di inviare la documentazione in loro possesso relativa allo stato invalidante (e ogni altra documentazione medica utile allo scopo), al fine di consentire: l'eventuale applicazione delle disposizioni del Decreto Inter-Ministeriale del 2 agosto 2007 che prevede l'esclusione da ulteriori visite di controllo e verifiche; la verifica della posizione della persona con disabilità senza dovere effettuare una visita diretta. In questo modo l'Inps vuole sapere, attraverso questa verifica condotta a campione, se il cittadino che oggi «gode» dell'indennità di accompagnamento (e quindi parliamo di persone riconosciute dalle competenti commissioni Asl persone invalide civili al 100% e impossibilitate a compiere in autonomia gli atti fondamentali della vita) o dell'assegno mensile di assistenza (persone solo parzialmente invalide civili - e cioè invalide con percentuali dal 74% al 99%), sia ancora nelle condizioni di salute che consentano all'Inps di continuare ad erogare l'assistenza prevista dalla Legge. Questo è il dato dell'ennesima ondata di accertamenti a carico delle persone e delle famiglie. Tutto formalmente condotto secondo la legge (anche se si potrebbe obiettare che quando la pubblica Amministrazione è già in possesso di una documentazione del cittadino, non dovrebbe farne nuovamente richiesta - Legge 291 del 1990 - e pertanto tutto ciò significa un paradossale dispendio di energie e risorse). E allora, dove sta il problema? Il problema è che le famiglie di persone con disabilità sono stanche di sentirsi al centro delle «attenzioni» della pubblica Amministrazione solo quando vengono fatti controlli e verifiche su condizioni irreversibili già documentate. Sono stanche di consegnare e riconsegnare documenti e certificati che non possono far altro che confermare ciò che non muterà mai, e cioè, nel nostro caso, la condizione di disabilità intellettiva e relazionale del proprio parente. Sono stanche e umiliate di essere assimilate al fenomeno dei cosiddetti «falsi invalidi», e sono stufe di non essere al centro dell'attenzione della pubblica Amministrazione quando chiedono legittimamente politiche e interventi che rendano concreti i principi di uguaglianza e non discriminazione sanciti dagli articoli 2 e 3 della Costituzione. L'abbiamo detto e lo ripetiamo: nessuno più di noi è contento, anzi, contentissimo quando la pubblica Amministrazione si muove e va alla caccia dei «falsi invalidi», e nessuno più di noi è d'accordo che occorre che lo Stato, le Regioni, le Asl e l'Inps facciano sino in fondo il loro dovere e individuino non solo i falsi invalidi, ma anche i medici e le commissioni compiacenti, e magari il «finto politico» di turno che promette aiuti e vantaggi a chi invalido non è. Approfittare non è solo rubare alla collettività togliendo risorse materiali a chi ha solo quelle, ma è anche una profonda violazione etica. Questa lettera serve solo per dire, in modo pubblico e accorato, che speriamo davvero sia «la volta buona», e che Matteo, Michele, Enrico, Mafalda, Barbara, Angelo e tanti altri come loro, persone con disabilità intellettiva e relazionale, discriminate nei loro diritti umani, civili e sociali, escluse dal mondo del lavoro e quindi dal reddito e «condannate a campare» con una pensione di Invalidità di 256 euro al mese e una indennità di accompagnamento di 480 euro al mese, non debbano più dimostrare, per l'ennesima volta, il loro diritto costituzionale alla dignità di cittadini. E se qualcuno pensa che 256 + 480 euro al mese, tutto sommato, e visti i tempi che corrono, non sono pochi, provate voi, con 24,53 euro al giorno, a pagarvi la retta del servizio che frequentate, le bollette, il pranzo, il trasporto (per altro scandalosamente molto più caro del biglietto dell'autobus), la cena, i vestiti, le medicine, le visite specialistiche, gli ausili e le protesi che il sistema sanitario nazionale non riconosce, l'assistente domiciliare nei giorni e nelle ore in cui il servizio è chiuso, la disoccupazione della madre che ha dovuto rinunciare alla professione per garantire cura e assistenza... l'elenco è lungo. La sacralità della vita umana passa dalla dignità di ogni giorno vissuto. Speriamo sia la volta buona, quindi, per vedere finalmente applicato il Decreto Inter-Ministeriale del 2 agosto 2007 che dispone, appunto, che per le patologie o le menomazioni stabilizzate e/o ingravescenti non si proceda più a visite e ad accertamenti. Vogliamo segnalare e sottolineare, in conclusione, un ringraziamento all'Inps di Brescia per l'attenzione e la disponibilità con cui accoglie e considera le nostre istanze e segnalazioni, e con un invito alle famiglie con disabili intellettivi e relazionali a rivolgersi presso gli uffici dell'Anffas di Brescia per ricevere consulenza e assistenza.
Federica Di Cosimo
Presidente Anffas Onlus
Brescia
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