Dubbi sul registro delle opposizioni Serve a poco o nulla

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Nonostante la regolare iscrizione al Registro delle opposizioni (a chi?), le telefonate inopportune (una media tra le due/tre al giorno) rappresentano un vero e proprio stillicidio. Comparendo sul display dell’apparecchio telefonico il numero chiamante e non annoverandolo tra i numeri da me conosciuti (con prefissi fra le più disparate località d’Italia) non rispondo; appare quindi un segnale luminoso che mi indica una chiamata: orbene, provando a richiamare lo stesso numero, la risposta che mi viene fornita dall’operatore telefonico è sempre la seguente numero inesistente. Mi si deve allora spiegare una cosa: io posso senz’altro prendere nota di tali numeri, contattare nuovamente il Rdo e segnalarli allo stesso, ma se tali numeri sono inesistenti è come combattere contro i mulini a vento; chi fornisce ai vari call center tali numeri? E perché inesistenti? Ritengo, con una certa dose di veridicità e malizia, che tale registro sia solo «fumo negli occhi», non volendo minimamente intaccare il celeberrimo brano dei Platters.
Giuliano Trevisan
Brescia

Caro Giuliano,

senza scomodare i miti antichi, davvero con le telefonate moleste pare di combattere una battaglia simile a quella contro l’Idra, il mostruoso serpente con numerose teste che, se tagliate, rinascevano. Nutrendo più di un dubbio persino sulla circostanza che, se ci fosse ancora un Ercole, riuscirebbe a sconfiggerle, com’è accaduto nella sua seconda fatica.

Ora fatica, una fatica vana, tocca a molti di noi, che ogni tre per due ci troviamo nel dilemma se rispondere o meno, temendo che sia il solito scocciatore e con il dubbio che la chiamata sia importante davvero.

E ci associamo alle sue conclusioni sulla sostanziale inadeguatezza del «Registro delle opposizioni», varato anni fa dal Governo spacciandolo per una soluzione semplice, scontata, banale, mentre s’è dimostrata inefficace quanto un retino bucato per raccogliere la sabbia.

Aggiungendo dunque alla sua comprensibile malizia la nostra, diciamo che forse il problema non si vuole risolvere, che alla fine agli operatori economici vada bene così, che è preferibile considerare i cittadini un «parco buoi», a dispetto di ogni disagio o brontolio.

Questo per rimanere nell’alveo del commento.

Le domande che pone, però, pretendono una risposta.

E se come cittadini possiamo limitarci ad annuire, come giornalisti abbiamo il dovere di documentarci e offrire una sponda di conoscenza, disturbando a nostra volta chi disturba, se è il caso. Ecco perché abbiamo dato mandato a un paio di colleghi di affrontare i quesiti che pone. Quando ci aggiorneranno, condivideremo le informazioni, in una pagina del Giornale o in un articolo sul sito.

Teniamoci visti. (g. bar)

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