Doveroso ricordare le vittime dei lager ma anche dei gulag

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Mi permetto scrivere queste righe per far presente dei fatti gravi successi nel periodo degli anni 1932-1953 e che non vengono ricordati adeguatamente. Sappiamo tutti che la giornata del 27 gennaio è importante perché l’Onu ha deciso di far coincidere la liberazione del campo di Auschwitz in Polonia, avvenuta nel 1945, da parte dell’Armata Rossa, con l’istituzione della Giornata della Memoria, onde ricordare l’Olocausto e le leggi razziali e coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati ebrei, nonché tutti i deportati militari e politici italiani. È un fatto che la coscienza di ognuno si rivolta nell’apprendere ciò che è avvenuto in quei luoghi. Ad Auschwitz sono morti circa 1.500.000. I morti totali nei campi di concentramento sono stati circa 11.000.000. Le scuole ed i cittadini, non sono informati invece sui morti nei vari gulag voluti da Stalin. Sono stati quasi 15.000.000 i prigionieri politici, morti, condannati per l’articolo 58 e quelli condannati per essersi opposti alla collettivizzazione comunista. Molti di provenienza Ucraina. Nel giorno della memoria non si parla di questi morti, dell’Inferno e dell’orrore della Kolyma, dove l’inverno dura 12 mesi a meno 65 gradi? Milioni e milioni di deportati nella zona glaciale, con continue spole di navi per rimpinguare i morti per sfinimento, o malati, congelati o ammazzati, condannati a lavorare 16 ore al giorno, scavando nelle miniere della Siberia per trovare l’oro, inoltre altri milioni sono morti in patria a causa di stenti. Hanno perso la vita in uno dei 125 gulag, anche 1.000 cittadini italiani, convinti comunisti. Lo scrittore reduce dall’internamento a Magadan, nel suo libro nudo crudo e raccapricciante dal titolo «I racconti della Kolyma». Scrive che in quei posti l’uomo si dimentica facilmente di essere uomo. Ricordare questi morti innocenti è un uguale dovere, come lo è ricordare Auschwitz.

// Eugenio Gandellini È vero: il senso della Giornata della Memoria va oltre il ricordo dell’Olocausto. È l’impegno per un «mai più!». Purtroppo spesso smentito nella storia e anche nell’attualità. Dai campi di sterminio ai gulag e - più vicino a noi per luogo e per tempo - alla fossa comune dei migranti nei fondali del Mediterraneo. E resta di bruciante attualità il testo «Se questo è un uomo» di Primo Levi che ci ripropone la signora Alba nella lettera che segue. (n.v.)

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