Don Gabriele, un prete capace di affascinare

Lettere al direttore
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Oggi porto qui il mio ricordo di don Gabriele Chiari, che per me resterà sempre «Don Chiari». Era il 1975-’76 quando l’ho incontrato come insegnante alle scuole medie all’Istituto Salesiano San Bernardino. Lo ricordo con affetto: la sua pacca sulla spalla, il modo brillante e ironico, la voce schietta e severa ma al tempo stesso capace di farsi capire anche solo con uno sguardo. Una forza comunicativa unica, che arrivava dritta al cuore dei ragazzi. Era stato ordinato sacerdote da poco, nel 1974, e già mostrava quell’entusiasmo e quella passione che l’ha accompagnato per tutta la vita. La domenica lo ritrovavo all’oratorio, nelle celebrazioni eucaristiche dei ragazzi. Erano momenti che hanno segnato la mia adolescenza e che custodisco ancora oggi, a distanza di cinquant’anni, come un dono prezioso. A marzo in occasione del suo compleanno avevo cercato di mettermi in contatto con lui, di fargli arrivare un pensiero e un augurio per il suo compleanno, ma non ci sono riuscito. Oggi però sento che questo mio ricordo è il modo più sincero per dirgli «grazie». Grazie per quella presenza discreta ma forte, per la capacità di educare e guidare, per la vicinanza che ha saputo donare a me e a tutti i ragazzi che ha incontrato e accompagnato sul cammino della vita. Don Gabriele ha lasciato un segno profondo: quello di un sacerdote che ha incarnato con coerenza lo spirito di Don Bosco, portando gioia, serietà e fede ovunque fosse chiamato. Credo che chiunque l’abbia conosciuto conservi dentro di sé un ricordo luminoso, come accade a me oggi. A nome mio e di tutta l’Amministrazione comunale della città di Chiari, desidero esprimere vicinanza, affetto e riconoscenza. Don Gabriele resterà sempre parte viva della nostra comunità e della nostra memoria. Ti accompagni ora la pace del Signore, don Gabriele. Grazie di cuore per quello che sei stato e per quanto ci hai donato.

Gianmario Sirani
Chiari

Caro Gianmario, è proprio vero che, se posto in profondità, basta un seme per rendere feconda non soltanto una vita, ma una comunità intera. Ci piace ribadirlo oggi, in tempi nei quali si dibatte molto sul ruolo dei sacerdoti e su ciò che possono rappresentare nell’educazione della gioventù, pur senza più essere l’armata che erano nel secolo scorso. Dalle sue parole poi cogliamo lo spunto per una sottolineatura riguardante lo stile di don Bosco e, da quanto racconta, pure di don Gabriele: la capacità di conciliare gioia e serietà, di esigere molto ma nel contempo, quel molto, di ottenerlo con lievità, senza pesantezza. Una qualità che davvero distingue gli eccelsi educatori, che conquistano non accondiscendendo e neppure, al contrario, obbligando, bensì ponendo mete alte, nobili, ambiziose, in sintonia con la generosità di cuore che i giovani hanno per natura. (g. bar.)

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