Docenti precari tra incertezze e fede nel loro compito

Lettere al direttore
AA
Il 4 luglio ho avuto la comunicazione ufficiale, ho superato il concorso della scuola, ora è tutto in mano all’Ufficio Scolastico della Lombardia, mi riferisco alla dirigenza e ai politici che la scelgono, di certo non ai poveri dipendenti che devono rispondere ai nostri mille dubbi e controllare tutte le variabili (crediti, esami da curriculum, ecc).
Tra poco uscirò dalla precarietà, ma come i colleghi (una settantina in Lombardia, per 120 posti disponibili nella nostra classe di concorso) che come me hanno superato la prova, sono in attesa di notizie che non arriveranno prima di settembre perché le prove suppletive non finiranno prima. A quel punto usciranno le graduatorie che ci permetteranno di scegliere la cattedra dove andremo ad insegnare per l’anno di prova. Immagino quindi che per noi l’anno scolastico inizierà con una supplenza chissà dove (con lo stipendio che, come da prassi, arriverà dopo qualche mese) per poi entrare in ruolo ad anno iniziato subentrando ad altri precari che si troveranno disoccupati in attesa di una nuova chiamata. Potrebbe persino capitare a dicembre così non si viene pagati durante le vacanze natalizie, bel risparmio per lo Stato.
Oltre che professore sono genitore e mi chiedo quale prospettiva formativa stia dietro alle tempistiche che portano a cambiare docenti durante l’anno e questo ancor più grave in caso di insegnanti di sostegno che iniziano a creare un rapporto che viene poi spezzato. Non si possono organizzare le cose seguendo i ritmi della didattica?
Il «Modello Lombardo» non mi pare molto efficiente e soprattutto così non può rispondere alle esigenze formative dei nostri giovani che hanno diritto a una scuola di qualità, occasione per imparare a imparare e avere una vita migliore. Con queste pratiche la scuola è sempre meno un «ascensore sociale», le statistiche dicono chiaro che se non hai genitori laureati difficilmente prenderai una laurea.
La scuola è un istituzione a cui sono delegate tante situazioni di disagio che andrebbero affrontate con continuità didattica, meno burocrazia e interazione con la società a partire dai servizi sociali, sempre più in difficoltà per carenza di fondi e quindi di personale.
Come insegnante e come genitore uso il vostro Giornale per esprimere la mia rabbia nei confronti delle Istituzioni che dovrebbero organizzare al meglio la crescita dei giovani che sono persone e anche il futuro, di certo non sono i numeri nelle statistiche degli invalsi o di altri strumenti simili.
Nicola Vitale
Gentile prof, è proprio vero che non si finisce mai di essere sotto esame. Nell’augurarle in bocca al lupo per la sua futura carriera da «docente titolare» raccogliamo e rilanciamo il suo sconcerto per un iter che non aiuta certo la Scuola, quella con la S maiuscola, capace di garantire qualità didattica senza lasciare indietro nessuno. Ci consola però leggere le sue parole e apprendere che, nonostante tutto, c’è ancora chi crede profondamente nel delicato mestiere di formatore delle future generazioni. Nella speranza che chi è titolato metta mano ad una situazione che sembra muoversi irreversibilmente verso un piano inclinato, ci appelliamo a lei e ai suoi colleghi: non mollate. Sappiate accompagnare i nostri ragazzi oltre le prove Invalsi. Lo meritano. A beneficio del futuro di tutti. (n.v.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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