Diario di un Alpino. Quanta saggezza a futura memoria

Lettere al direttore
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Mi sono imbattuta in questo stralcio di diario di un Alpino (fonte: calendario Banca popolare di Sondrio 2018, che cita a sua volta come fonte «Manoscritto memorie di guerra di Guglielmo Stefanon»). Forse anche oggi un soldato o una soldatessa avrà la stessa pietà, una goccia infinitesimale di speranza. «Verso le ore 10, è arrivato il carro colle pagnotte; il giorno prima non l’abbiamo preso perché eravamo in marcia, quel giorno è stata doppia razione. Quando avevano vuotato un sacco, lo capovolgevano, e lo scrollavano per fare uscire le briciole di crosta. In giro nel paese non si vedeva nessuno e otto o dieci bambini si erano riuniti lì vicino dove si distribuiva il pane. Appena finito e andato via il carro, tutti quei bambini, credo dai quattro ai sei anni, come passeri a pizzicare le briciole per terra, e le mettevano nel loro grembiule, quelle più piccole, che quasi ci voleva la lente per vederle, le mangiavano. Poi ho cominciato a tagliare una pagnotta in quattro e in cinque, ho fatto venti pezzi. Avevano tutti uguali il grembiulino blu; ne sono rimasti ancora dieci pezzetti e furono distribuiti tutti. Correvano quei bambini, uniti come passeri, facevano compassione a vederli uniti in quella misera raccolta. Poi cominciò la distribuzione del rancio; anche questo era doppia razione. Presa la prima razione ne è rimasta quasi altrettanta; allora a prendere la giunta. I bambini erano lì alle loro case, stavano a giocare in strada, ogni tanto guardavano fuori, avevamo una ventina di gavette di minestra. Fatto un piccolo cenno di venire, ne venivano di nuovi, chiamati dai più grandicelli, e ne rimasero ancora cinque gavette. Sono venuti in sette, due erano rimasti senza; a vederli restare così mesti in due, abbiamo tagliato per metà una pagnotta, così hanno avuto mezza pagnotta al posto della minestra. Ci hanno ringraziati in tedesco, quasi colle lacrime agli occhi».

Alba Bonetti

Cara Alba, è un abbraccio gigante quello che idealmente le mandiamo per aver condiviso con noi, con i lettori, questa piccola perla. Una testimonianza che con poche briciole di pane e senza neppure una di retorica, racconta pienamente la tragedia della guerra e degli stenti che essa comporta. Quando non la si vive sulla propria pelle, nella propria pancia, è facile scordarne l’orrore e, nei casi peggiori, idealizzarla: sono tutti temerari e spavaldi i soldati che soldati non lo sono mai stati e bramano avventure restando seduti in poltrona. Chi invece al fronte c’è stato, quanti conoscono il furore della prima linea, coloro che subiscono la devastazione che ogni conflitto comporta, hanno assai più pudore a osannare la guerra e - se hanno un cuore - provano più facilmente la pietà che lei invoca. Confidiamo allora in questo, cara Alba: che a fronte dell’ottusità di nazioni e gruppi di potere, i singoli conservino coscienza e un’umanità che specialmente in situazioni estreme fa la differenza tra morte e vita, orrore e speranza. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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