Dal caso Iveco alla Borsa svedese. Contiamo poco

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Sono un ex insegnante di informatica gestionale triveneto (Tolmezzo, Rovigo, Adria e Brescia) con laurea in Economia. Vi scrivo con riferimento alla vendita di Iveco per porre un problema ai giornalisti e ai lettori del GdB: perché Iveco è stata venduta agli indiani e non ad una cordata di imprenditori italiani? Avanzo una mia modesta ipotesi: il capitalismo si chiama così perché si basa sul surplus di profitti delle attività già svolte (altrimenti si chiamerebbe debitismo). Un eventuale intervento del Governo italiano a sostegno delle aziende richiederebbe che le aziende di proprietà del Governo (30% del totale della Borsa italiana) lo finanziassero (perché un finanziamento con il debito pubblico potrebbe problemi di leva finanziaria: un debito che non viene ripagato dai profitti è come un diamante e dura per sempre). La Borsa italiana ha una capitalizzazione inferiore agli 800 miliardi di euro mentre la Borsa svedese supera i mille miliardi di euro (e il debito pubblico della Svezia è del 33,7% del Pil). Probabilmente la Svezia non fa testo (perché ha una elevata capitalizzazione di Borsa rispetto al Pil) ma a quanto pare fa testo per quanto riguarda il rapporto tra debito pubblico e Pil in un Paese con ottimo stato sociale. Inoltre i tir prodotti in Svezia (Volvo e Scania) vedono come azionisti di riferimento investitori svedesi. Le prime 40 aziende italiane rappresentano l’81% della capitalizzazione totale della Borsa italiana e le aziende straniere aggiungono solo un 1% in più. Resta qualcosa alle Pmi italiane? Le cosiddette multinazionali tascabili possono essere un esempio: dopo tanti anni a Rovigo mi capita di controllare la stampa locale online e ho scoperto che la Carraro ha aperto uno stabilimento Rovigo. La Carraro ha 3.600 dipendenti in nove stabilimenti e un fatturato di oltre 700 milioni di euro. La Carraro Spa ha compiuto il delisting dalla Borsa italiana nel 2021 ma ha da poco quotato la propria filiale indiana alla Borsa di Mumbai.

Michele Campanelli
Brescia

Caro Michele, non avendo ambizioni né deliri di onniscienza, abbiamo sottoposto le sue riflessioni ai colleghi di economia, che in sintesi ci hanno risposto questo: «Il dottor Campanelli pare un po’ prevenuto nei confronti del libero mercato; da almeno tre anni si sapeva che Exor volesse cedere Iveco; interessi reali a rilevarla da parte di cordate di imprenditori italiani non sono mai arrivati; il caso Alitalia insegna che certe partite riescono meglio se giocate tra privati senza che lo Stato prenda strane (e costose) iniziative; un ramo d’azienda, quello tra l’altro più strategico dal punto di vista nazionale, poiché dedicato ai veicoli militari, resterà comunque italiano, poiché acquisito da Leonardo; nulla da obiettare sulle potenzialità mancate della Borsa Italiana». Da parte nostra, in qualità di cittadini e non di esperti, al dispiacere per un pezzo di storia industriale che viene smantellata, si accompagna l’impressione che tutto sommato non sia stata una disfatta. Almeno per ora. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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