Dai grandi vecchi agli impresentabili Il rebus americano

Lettere al direttore
AA
In merito ai due candidati americani alla presidenza, Trump e Biden, la domanda che mi pongo è: possibile che su una popolazione di più di 300 milioni di statunitensi, non ci potessero essere due candidati «normali»? Prima il biondo Trump coi suoi imprevedibili tweet notturni faceva impazzire il mondo economico-finanziario (scatenando il panico nelle Borse valori mondiali). Adesso, mentre Trump si dibatte in processi che lo vedono accusato su vari fronti, Joe ci dice che ha sottoperformato nel duello televisivo con Trump tirando in ballo i fusi orari. Ma questo popolo americano, si rende conto che il presidente che verrà eletto sarà a capo della nazione più potente del mondo? Con tutti gli annessi e connessi? Vedremo come andrà a finire.
Daniela Farina
Cara Daniela,
sono i giorni dei quesiti impossibili. O meglio, della distanza evidente tra il dire e il fare, il dovere e l’essere.
Ieri con le domande sulla fuga di Giacomo Bozzoli e la mancata prevenzione da parte dell’autorità di giustizia, oggi addirittura con la saga americana che propone una sfida tra due anziani signori che vedremmo meglio in qualche Residenza Oleandro della Florida invece che a Washington.
Se fosse valido il vecchio adagio usato alla fine degli anni Sessanta per Nixon, («comprereste mai un’auto da quest’uomo») diremmo «no prego» a Trump, che certo ci vorrebbe rifilare un bidone tirato a lucido, e «sì grazie» a Biden, ma soltanto presumendo che la venda non avendo superato il rinnovo della patente.
Esagerazioni a parte, due note serie.
La prima è che le democrazie mature reggono non con un uomo solo al comando, bensì grazie a un apparato di migliaia di persone, ciascuna con una porzione di potere, di controllo.
La seconda è che da una di queste principali democrazie sarebbe lecito aspettarsi una capacità di ricambio della classe politica, mentre qualcosa sta andando storto se alle dinastie familiari dei vari Bush o Clinton (qualcuno spera pure Obama) si alternano ottantenni che arzilli lo erano un tempo. Non un bel segnale per chi ha l’ambizione di decidere il futuro proprio e finanche quello altrui.
Come andrà a finire però, cara Daniela, non lo sappiamo, né possiamo prevederlo. Intanto la ringraziamo per averci permesso di mettere il naso fuori da Brescia, rivalutando altresì quel che abbiamo in questa nostra porzione di terra, al di qua dell’oceano Atlantico. (g. bar.)
Daniela Farina
Cara Daniela,
sono i giorni dei quesiti impossibili. O meglio, della distanza evidente tra il dire e il fare, il dovere e l’essere.
Ieri con le domande sulla fuga di Giacomo Bozzoli e la mancata prevenzione da parte dell’autorità di giustizia, oggi addirittura con la saga americana che propone una sfida tra due anziani signori che vedremmo meglio in qualche Residenza Oleandro della Florida invece che a Washington.
Se fosse valido il vecchio adagio usato alla fine degli anni Sessanta per Nixon, («comprereste mai un’auto da quest’uomo») diremmo «no prego» a Trump, che certo ci vorrebbe rifilare un bidone tirato a lucido, e «sì grazie» a Biden, ma soltanto presumendo che la venda non avendo superato il rinnovo della patente.
Esagerazioni a parte, due note serie.
La prima è che le democrazie mature reggono non con un uomo solo al comando, bensì grazie a un apparato di migliaia di persone, ciascuna con una porzione di potere, di controllo.
La seconda è che da una di queste principali democrazie sarebbe lecito aspettarsi una capacità di ricambio della classe politica, mentre qualcosa sta andando storto se alle dinastie familiari dei vari Bush o Clinton (qualcuno spera pure Obama) si alternano ottantenni che arzilli lo erano un tempo. Non un bel segnale per chi ha l’ambizione di decidere il futuro proprio e finanche quello altrui.
Come andrà a finire però, cara Daniela, non lo sappiamo, né possiamo prevederlo. Intanto la ringraziamo per averci permesso di mettere il naso fuori da Brescia, rivalutando altresì quel che abbiamo in questa nostra porzione di terra, al di qua dell’oceano Atlantico. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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