Così era Giorgio Marito, medico e persona speciale

Lettere al direttore
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Quando muore una persona, è come se un intero mondo si spegnesse con lei. Un universo fatto di pensieri, gesti, sogni, dolori, silenzi, gioie. Il mondo di Giorgio Giampaoli - mio marito, un medico straordinario e un uomo profondamente buono - non era rumoroso. Forse non tutti lo conoscevano davvero, ma chi ha avuto il privilegio di farne parte sa quanto fosse autentico e luminoso. Per sua volontà, la notizia della sua morte è stata resa pubblica solo dopo i funerali. Così era Giorgio. Nei giorni della malattia tante persone ci hanno dimostrato il loro affetto e ci hanno parlato di lui. Colleghi, pazienti, amici. Ognuno con una storia, un ricordo, una parola che ci ha toccato il cuore. Tutti, davvero tutti, hanno riportato le stesse parole: un grande uomo che aiutava gli altri con una delicatezza d’animo rara, senza clamore, senza aspettarsi nulla in cambio, spesso senza che nessuno - neppure io - ne sapesse nulla. Era il suo modo di vivere il bene: nascosto, profondo, sincero. Forse era quel suo radicato senso cristiano, quella frase del Vangelo che ha fatto sua per tutta la vita: «Non sappia la destra ciò che fa la sinistra». Giorgio era un medico, un chirurgo vascolare e angiologo, un professionista serio e appassionato. Per me, è stato un compagno di vita, il mio punto fermo, la mia roccia nei momenti difficili. Un marito sempre presente, capace di essere da esempio per la sua famiglia, per gli adorati nipoti. Aveva le sue radici a Urbino, ma Brescia era la sua casa. Insieme avevamo ancora tanti progetti, un’idea di futuro che ora, senza di lui, resta sospesa. È un dolore muto, quello dei sogni che non potranno più realizzarsi. Ma è anche un onore sapere di aver condiviso tanta vita con lui. Scrivo queste parole perché sento il bisogno di raccontare chi era Giorgio e anche di ringraziare quanti sono stati vicini a lui e a me in queste settimane dolorose: mia nuora Caterina Pirali suo medico curante, gli operatori sanitari della Fondazione «Teresa Camplani», il grande amico frate Teofilo per l’assistenza spirituale, la cara Angela che ci ha aiutato con affettuosa riconoscenza. Lo faccio con le lacrime agli occhi, ma con il cuore pieno di gratitudine.

Maria Grazia Prandini

Cara Maria Grazia, il cuore colmo di gratitudine l’abbiamo pure noi, nei suoi confronti, per aver condiviso un sentimento tanto intimo. Così come occhi lucidi ha reso a tutti coloro che leggendo del «suo» Giorgio avranno pensato al loro. Che di persone care - un marito, una moglie, una compagna, un amico, un parente - ne abbiamo tutti. E vita piena è proprio quella «insieme», in carne ed ossa oppure in spirito, come sarà ora la sua con Giorgio, che è come «fosse nascosto nella stanza accanto», per citare le parole di Henry Scott Holland, ispirato da Sant’Agostino: «Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora». Un abbraccio, sincero, e tanta stima. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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