Come un buon vino: cent’anni di storia e radici

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Mi chiamo Pietro Filisina, sono nato nel 1926 e il 1° settembre 2026 raggiungerò il traguardo dei cento anni. Il 29 dicembre 1955, esattamente settant’anni fa, mi recai al Registro Ditte di Brescia per iscrivere la mia attività, Ditta Filisina Pietro di Domenico. Ricordo ancora bene quel giorno: non avevo grandi mezzi, ma avevo tanta voglia di lavorare e di costruire qualcosa che potesse durare nel tempo. La mia prima sede fu a Mocasina di Calvagese, un piccolo paese dove iniziai a lavorare con passione e sacrificio. In quei luoghi, molti anni dopo, ho piantato anche un vigneto, un gesto che per me rappresenta le radici, il tempo e la pazienza necessari per far crescere qualcosa di buono e duraturo. Dopo circa tre anni, la mia attività si trasferì a Prevalle, dove ho continuato il mio percorso lavorativo insieme alla mia famiglia e alle persone che nel corso degli anni hanno collaborato con me. Da quel momento sono iniziati anni di sacrifici, di soddisfazioni, di difficoltà affrontate con determinazione. Ho sempre creduto che il lavoro, fatto con onestà e costanza, fosse uno dei modi più belli per lasciare un segno nel proprio territorio. Vedere che ciò che iniziai quasi una vita fa continua ancora oggi è per me motivo di grande orgoglio. Mi piace pensare che questa storia non sia solo la mia, ma anche un piccolo frammento della storia economica e sociale della nostra Brescia: una città laboriosa, fatta di famiglie che hanno costruito il proprio futuro con le mani e con il cuore. Nel ricordare questo anniversario così importante, desidero semplicemente condividere un pensiero di gratitudine: gratitudine verso chi ha lavorato con me, verso i clienti che ci hanno dato fiducia, verso la mia famiglia e verso questa terra che mi ha permesso di crescere e lavorare.

Pietro Filisina

Caro Pietro, ha ragione: lei racconta la storia sua e, insieme, quella di migliaia di persone, generazioni intere di bresciani che hanno «costruito il proprio futuro con le mani e con il cuore». Ecco perché questa lettera non andrebbe soltanto pubblicata sui giornali, ma pure stampata sui muri, distribuita porta a porta, nelle case, letta ad alta voce nelle scuole. Essa, infatti, trasmette in poche righe l’essenziale di azioni nuove e antiche: il rimboccarsi le maniche (lo spirito di intraprendenza degli inizi), il tirare la cinghia (gli anni di difficoltà e i sacrifici per superarli), il levarsi il cappello (la gratitudine per collaboratori e clienti). Auguri sinceri allora, caro Pietro. Nella certezza che la terra che le ha permesso «di crescere e lavorare» le sarà lieve ben oltre il traguardo dei cent’anni. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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