Come reagire al bullismo femminile

Società.
AA

Chiedo gentilmente spazio nella sua rubrica ringraziandola per le opportunità e le riflessioni offerte anche attraverso i contributi dei lettori in merito ai giovani, ai loro ideali e ai loro comportamenti: una ragazza ringraziava pubblicamente i genitori suoi, attenti, affettuosi e stimolanti educatori, don Alberto sottolineava l'importanza di trasmettere ideali ai giovani studenti attraverso le voce dei genitori e della scuola, una mamma ringraziava la scuola per aver saputo organizzare le videolezioni per il figlio temporaneamente disabile, ma desideroso di proseguire gli studi liceali. C'è del positivo in tutto ciò! C'è una visione di speranza. Quanto la famiglia, la scuola, le istituzioni e noi specialisti siamo responsabili del benessere dei nostri giovani? Tanto quanto siamo attenti al nostro «ben essere» e non al «ben avere!». Quanto sdegno e quanta amarezza suscita la notizia del gruppo adolescenti in provincia che ha aggredito e malmenato una coetanea prendendola poi per la chioma come un trofeo di guerra! Il bullismo femminile non si limita alle parole offensive, agli atteggiamenti indiretti volti all'isolamento della vittima, gesti mai troppo evidenti e per questo paragonati spesso a una forma di mobbing, che operano su una dimensione prettamente psicologica, come spesso fanno adulti vicini a loro. È diventato anche diretto e incapace di mediazioni. Comportamenti aggressivi e volutamente anticonformisti celano una richiesta d'aiuto, esprimono una sofferenza che oltre ad essere vissuta personalmente viene agita e sfogata sull'altro, individuato come capro espiatorio. Nell'intimo, questo grande odio e desiderio di distruzione (all'estremo opposto si evidenziano anche esagerato affetto e amore possessivo) nascondono la paura dell'isolamento. Soprusi, violenza ed insensibilità esprimono l'incapacità di toccare le proprie emozioni e soprattutto un'inadeguata consapevolezza di sè. Sorgono spontanee alcune domande: Perché accade questo? Cosa chiedono? Agiscono ciò che hanno subito? Ci stanno chiedendo limiti perché disorientati e incapaci di autoregolarsi? Ascolto, affetto e attenzione dove sono finiti? Appaiono ragazze dal forte temperamento, ma realmente agiscono rabbia con chi ipotizzano poco reattivo perché in realtà si sentono inferiori: non conoscono la forza della calma, del ragionamento, del silenzio, della fantasia, dell'ironia... della libertà!! Arroganza e violenza sono comportamenti che apparentemente vantano una superiorità: atteggiamenti e parole estremi portando alla luce il raggiungimento di una simmetria comportamentale nelle relazioni tra maschio e femmina, ma tutto ciò collude con l'obiettivo originario della nostra società: la conquista di una simmetria di diritti. Per il resto siamo diversi: per natura la donna è «accogliente» (accoglie in sé l'uomo: dà la vita, genera la nuova creatura) specificità femminile è la capacità di «creare e gestire» le situazioni (la donna gestante). La donna è unica e in ciò è speciale e non lo sa! È importante che mantenga queste sue qualità, ma, adeguandosi al comportamento maschile, perde quella caratteristica di femminilità che sottolinea il suo potere: creare soluzioni. Ora tutto è confuso. Non c'è più tolleranza, ma da chi l'hanno appreso questi adolescenti? Forse non hanno sperimentato nelle relazioni primarie emozioni positive, legami efficaci e significativi; forse sono stati troppo tempo soli davanti agli schermi accesi, assistendo a violenti dibattiti e scene di gratuita aggressività nell'attesa del rientro a casa dei genitori dal lavoro... oppure potrebbero averli guardati insieme senza senso critico! Non dimentichiamo i videogiochi acquistati e usati senza porre attenzione alla maturità emotiva di chi li usa, essi propongono metodi e strategie che vengono appresi perché privilegiati rispetto al vuoto creato dall'assenza educativa del genitore o adulto educatore! Noi possiamo ancora intervenire, innanzi tutto riconoscendo e sanzionando questi avvenimenti, commentando insieme a loro comportamenti alternativi alla violenza. È il modo per dire ai ragazzi «Ci siamo per voi, non siete soli». Alcune delle possibili modalità di intervento possono realizzarsi creando progetti preventivi nelle scuole (luogo di maggior diffusione del fenomeno), organizzando incontri nelle scuole, negli oratori e nei luoghi di aggregazione con specialisti; dando punizioni socialmente utili come l'introduzione di programmi di letteratura che prevedano romanzi dove soprusi e violenze sono rivolti alle donne, nei quali possano identificarsi e riflettere insieme a compagni ed insegnanti. L'obiettivo è di renderle capaci di guardarsi dentro senza paura, di leggere i bisogni e di sapersi mettere nei panni dell'altra diversa da loro, di riconoscere e gestire le proprie emozioni, sicuramente è difficile ma più tutelante per la nostra specie, per una società migliore!

Cinzia Grasso
Psicologa Psicoterapeuta Brescia

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