Che fatica per riciclare rifiuti: una piccola odissea

L’impressione è che forse all’impresa che si occupa della raccolta dei rifiuti, ci sia qualcosa nella organizzazione che non funziona. Rifiuti: forse abbiamo perso di vista l’obiettivo. Che dovrebbe essere produrne il meno possibile e riciclarne il più possibile. Produrne di meno neanche a parlarne... Gli scaffali dei supermercati, tranne rarissime eccezioni, sono identici da decenni. Riciclare è un’incognita. L’obiettivo è differenziare. Differenziare va bene, ma come? Paese che vai regole che trovi. Mi sono decisa a scrivere questa lettera perché negli ultimi mesi mi sono successe alcune cose che mi hanno portata a dubitare sul riciclo di ciò che differenziamo. Abito a Gussago dove vige la raccolta porta a porta da svariati anni: carta, vetro con metalli (ma non tutti), umido, indifferenziata e plastica... «la misteriosa». Il Comune ha distribuito un vademecum dove spiega dove mettere i vari rifiuti ovviamente non contempla la moltitudine di materiali che giornalmente, purtroppo, produciamo. Mi sono sempre sforzata di capire e attenermi alle regole ma non è servito a molto. 1) Un giorno il sacco giallo della plastica è rimasto sul marciapiede con un adesivo con scritto «non ritirato perché contiene materiale non idoneo» senza specificare cosa non era idoneo. Suggerimento alla Cauto: sul foglio che appiccicate ai sacchi rifiutati per non idoneità scrivete anche qual è il materiale non idoneo. Così il cittadino può imparare dai suoi eventuali errori. Da persona civile riporto il sacco a casa e lo apro: conteneva solo plastica. Prendo il vademecum a suo tempo distribuito dal Comune; faccio passare tutto e non trovo nulla di incompatibile con le istruzioni Cauto. Il sacco non ritirato era stato lasciato rotto dagli addetti. Ho rimesso tutto in un sacco nuovo che la settimana dopo è stato regolarmente ritirato. 2) Qualche giorno fa ho fatto pulizia nei documenti di casa e ho accumulato qualche chilo di buste A4 di plastica trasparente (quelle che si usano nei raccoglitori ad anelli); purtroppo non mi servono più e decido di buttarle; per evitare problemi mi reco all’isola ecologica di Gussago gestita dalla società Cauto. Come da prassi vengo fermata e l’addetto mi chiede cosa devo depositare, apro il baule e ingenuamente dico plastica... No, no, no mi sento rispondere, questa plastica non la vogliono(?!) e poi sono tante (mezzo sacco giallo). Insisto e dico «ma è plastica» la risposta è stata «sì, ma non la vogliono». Rimango senza parole e metto le buste di plastica nel cassone indicatomi: quello degli ingombranti!; torno a casa delusa e amareggiata. Quella plastica probabilmente non verrà mai riciclata. Una osservazione: sul vademecum della Cauto non è riportata alcuna limitazione al conferimento delle buste di plastica appunto nella plastica. 3) Due giorni dopo ho sistemato il deposito degli attrezzi e ho riempito il baule di materiale da smaltire. Mi reco all’isola ecologica; l’addetto (diverso da quello precedente) mi invita ad aprire il baule e con una rapidità impressionante mi dice il numero dei cassoni dove depositare i vari materiali tanto che ho fatto fatica a memorizzarli ed ho dovuto farlo ripetere più volte. Che sorpresa: del cellophane (molto simile alle famose buste di plastica) andava in un apposito cassone (film plastica) e non negli ingombranti dove avevo dovuto mettere le molto più piccole buste A4. 4) Nell’isola ecologica, per agevolare lo scarico dei materiali, è stata costruita una rampa dove le macchine posso salire e gettare dall’alto il materiale. Sicuramente una comodità ma l’addetto non ti segue e dopo aver ricevuto velocissime istruzioni ti ritrovi davanti a dei cassoni numerati con etichette non esaustive. Alla fine sei ancora tu a decidere dove mettere cosa... per il ferro è facile, per lo sfalcio erba è facile, per gli ingombranti è facile (anche se vedi biciclette sia nel ferro che negli ingombranti, ovviamente, io non saprei dove metterla) ma per la plastica è un vero caos: film di plastica, imballi rigidi e altri ancora che non ricordo e poi il famoso sacco nero che guai a metterlo nella plastica; il sacco nero va nell’indifferenziata, non so la ragione ma gli addetti me l’hanno detto talmente tante volte che è l’unica certezza che ho per la plastica. Forse sulla plastica è l’azienda che deve chiarirsi bene le idee. Stabilire regole più precise e, possibilmente, comprensibili anche al cittadino normale. A mio modesto avviso la plastica di qualsiasi tipo e di qualsiasi spessore dovrebbe essere conferita in un unico sacco e differenziata da personale competente in materia. Se per far questo è necessario assumere qualcuno, ebbene lo si faccia. 5) Un’ultima cosa è accaduta di recente. Qualche giorno fa metto fuori casa due sacchi di plastica. Solo quattro giorni dopo li vedo e me li ritrovo «rifiutati» col solito misterioso messaggio «materiale non idoneo», aperti e con diversi rifiuti sparsi. Raccolgo i rifiuti sparsi, li metto nei sacchi e vado all’isola ecologica a farmi spiegare perché sono stati rifiutati. Gli addetti si sono mostrati disponibili e gentili e, assieme, abbiamo verificato che in uno dei due sacchi non c’era nulla di incompatibile o di vietato dal vademecum della Cauto. Nell’altro c’erano alcuni contenitori vuoti di Cd. Qui ammetto il torto. In effetti sul Vademecum, pur non essendo citati i contenitori di Cd tra i materiali incompatibili nella pagina dedicata alla plastica e al sacco giallo, effettivamente è invece scritto, nella tabella finale intitolata «Dove lo butto», che devono essere messi nella indifferenziata (sacco grigio). Tuttavia faccio notare che nella pagina intitolata «Instructions for separating waste» negli «imballi in plastica» vanno messi appunto gli «imballi in plastica» e i contenitori di Cd sono imballi in plastica. E allora, che fare? Altro suggerimento alla Cauto: mettete i divieti tutti nella stessa pagina e in modo più razionale facendo si che il cittadino non debba fare una specie di caccia al tesoro sul vademecum per capire cosa fare. Spero che questa mia lettera solleciti i dirigenti della Cauto a migliorare il servizio soprattutto nella parte che questi episodi evidenziano più carente: la chiarezza senza equivoci su dove diavolo mettere i diversi rifiuti. Gestire i rifiuti non è la cosa più semplice del mondo ma il riciclo è importante. Ragione di più per avere regole chiare e precise. E soprattutto intelligenti, destinate al vero riciclo.
Tiziana VenturelliGussago
Cara Tiziana, di solito riduciamo le lettere lunghe, soprattutto se - come nel suo caso - il concetto di massima è chiaro e gli esempi tendono semplicemente a ribadirlo. Questa volta facciamo eccezione poiché nulla più dell’arrivare in fondo al testo dà l’idea di quanto sia complesso, confuso e a tratti sfiancante per un cittadino pur ben intenzionato, districarsi nel labirinto di vincoli e divieti riguardanti la raccolta dei rifiuti. E nulla, più della sua lettera infinita, dimostra come invece di semplificare al fine di favorire comportamenti etici e responsabili si sia passati al complicare e porre ostacoli, così da esasperare e disincentivare anche l’essere umano più probo e pio. Al di là del caso individuale e delle singole ditte appaltatrici, rilanciamo dunque il suo appello: concentriamoci sul vero obiettivo, agevolando il riciclo e non facendolo diventare un molesto fardello. (g. bar.)
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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