Cascina Scovola Il Rinascimento agricolo bresciano

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Nel 1880, nel mese di maggio di 135 anni fa, iniziava la bonifica dei terreni della cascina Scovola. Questa bonifica fu il simbolo del «Rinascimento agricolo» della parte orientale della pianura bresciana. Essa diede il via ad una serie di interventi che generarono il completo ripristino agricolo dei terreni cosiddetti di «lama» dei comuni di Ghedi, Leno, Gottolengo. La Scovola è una fondo agricolo consistente in poco più di 1.000 piò (378 ettari per la precisione) divisa tra i comuni di Ghedi e Leno. Fino all’arrivo dei De Giuli, era immersa negli acquitrini generati dalla capillarità delle risorgive e pochi erano gli appezzamenti utilizzabili per la coltivazione. Nei secoli precedenti, nella considerazione popolare, era ritenuta un posto da evitare, malsano e insalubre con casi frequenti di malaria. Pietro, Camillo e Battista De Giuli arrivano alla cascina Scovola nel maggio del 1880. Erano originari della provincia di Milano: Morimondo sulle rive del Ticino. Negli anni pre-unitari erano stati dei ferventi antiaustriaci. Appartenevano a quella borghesia illuminata che favorì e si spese per consentire il passaggio della Lombardia dagli Asburgo al neonato Regno d’Italia. Essi rappresentano l’avanguardia di un gruppo di agricoltori che, dalle province di Milano e Cremona, arrivarono nella Pianura Bresciana situata tra i fiumi Mella e Chiese , tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900, attratti da un territorio di «frontiera» che necessitava di forti interventi di bonifica, ma che offriva notevoli possibilità di sviluppo. Erano motivati, oltre che da interessi economici anche da una forte adesione all’ideale risorgimentale che propugnava un’Italia meglio posizionata rispetto a quella austro ungarica e in grado di vincere la sfida della crescita economica e sociale. Il prezzo pagato per l’acquisto del fondo fu contenuto, a nessuno interessava quel luogo marginale e sopra cui fare agricoltura sembrava impossibile. Studiarono le caratteristiche dei terreni di «lama» e intuirono che scavando e costruendo fontanili l’acqua non sarebbe più risalita fino ad inondare i terreni circostanti rendendoli, così, perfettamente coltivabili. Con questa tecnica, molta lungimiranza, volontà ferrea e con uno sforzo finanziario non indifferente i De Giuli affrontarono la Bonifica della Scovola. Pietro, Battista e Camillo iniziano il loro imponente piano di bonifica, attraverso lo scavo di un primo enorme fontanile, lo «Scovoletta», che, rapidamente, rese coltivabile la gran parte del terreno a nord dell’azienda, azzerando l’allagamento invernale, dovuto alla capillarità. Voci popolari ricorrenti narrano che in alcune giornate furono impiegati più di mille operai per portare a termine l’opera. Non va dimenticato che lo scavo di quei fontanili ebbe luogo a forza di picconi, badili e carriole e i tubi «Norton» che pescavano nella falda sottostante, erano piantati nel terreno con mazze di ferro. Nel giro di un ventennio, attraverso la costruzione di un reticolato di canali-fontanili che scaricavano le loro acque nel «Vaso Seriolazza», la «Scovola» fu interamente bonificata. L’applicazione della tecnica agronomica detta «rotazione Lodigiana» ( 3 anni a trifoglio e 3 anni a cereali) consentì la messa in essere anche di un allevamento di vacche da latte, tanto che divenne una fattoria modello più volte copiata e premiata. L’eco di quest’opera fu enorme nelle campagne circostanti tant’è vero che Camillo De Giuli diviene, nel 1883, Sindaco di Ghedi e, qualche anno più tardi, membro autorevole dei neonati Comizi Agrari bresciani, organizzati e diretti da quell’Antonio Bianchi che fino al 1924 fu l’artefice e «guru» della rinascita agricola bresciana. Per quasi un secolo, successivamente all’intervento di bonifica, la Scovola, da reietto luogo malsano per disperati, divenne una delle più fiorenti aziende agricole della Bassa Bresciana. La costruzione dei Fontanili della Scovola, oltre a liberare dalle lame acquitrinose anche la parte meridionale delle Cascine Trusa e Meanina, rendendole completamente coltivabili, fornì acqua d’irrigazione ai terreni situati a Sud del Comune di Leno, che ancora oggi beneficiano di quelle ciclopiche (per quei tempi) opere idrauliche. Il loro esempio agì da detonatore per l’esplosione di altre iniziative del genere, tanto che nei decenni successivi, tutta la parte incolta del territorio del comune di Ghedi, terzo comune per estensione tra i comuni della Pianura Bresciana, fu resa produttiva, sia a Nord (la «Brughiera») che a Sud (le «Lame»). Oggi, in pieno Expo 2015, all’agricoltura lombarda e bresciana in particolare, per recuperare prestigio e redditività non sono richieste opere immani come quelle realizzate dai De Giuli. Servono, invece, il loro coraggio, la loro visione positiva del mondo e la loro lungimiranza. Sono necessari uno sforzo culturale e una presa di coscienza che modifichi l’attuale struttura produttiva agricola dove la «quantità» non è più in grado di pagare ma, forse, la «qualità», sì. Gli Italiani non hanno più bisogno di essere «sfamati» , come a fine ’800, ma di essere aiutati ad alimentarsi meglio con prodotti di qualità superiore. // Ludovico Guarneri Ghedi

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