Cara Inps, non sono defunto. Ma la mia pensione dov’è?

Le scrivo in merito alla mia vicenda che potrebbe risultare kafkiana (quanto ho sognato, purtroppo, da povero ignorante di poter scrivere questo termine...). Sono invalido e pensionato dal 2016 in quanto colpito da malattia invalidante e fino all’inizio del 2021 diciamo è andato tutto abbastanza bene. A maggio 2021 ho presentato domanda di aggravamento in quanto il mio stato di salute era peggiorato di parecchio. In agosto, dopo la visita presso la Commissione sanitaria, mi veniva riconosciuta l’invalidità al 100% con integrazione alla legge 104, e qui è iniziata l’odissea. La categoria della mia pensione cambiò in pensione artigiani da pensione industria, non capisco il perché (io ho svolto solo pochi mesi come artigiano nel lontano 1982). Poi improvvisamente in novembre l’Inps richiede alla mia banca lo storno dal mio conto corrente delle mensilità pagatemi a ottobre e novembre, comunicando loro che io il primo ottobre 2021 ero deceduto, cosa ora negata dall’Inps, e naturalmente banca e Inps non mi avvisarono di nulla: mi sono accorto della cosa facendo un saldo del mio conto al bancomat. Come direbbe il grande poeta Modenese: «Eeee, sono ancora qua, eee già»: non sono morto, almeno fino al momento in cui le scrivo, le giuro, sono ancora in vita. Si immagini chi come me vive di sola pensione cosa ha comportato tutto ciò, sforamento sul c/c con pagamento di interessi passivi alquanto alti, quasi due mesi senza nessuna entrata (per mera sfortuna, mia moglie quando mi ammalai, perse il lavoro, con gli ultimi 7 anni di mutuo da pagare ecc. ecc.). Alle mie rimostranze l’Inps mi ha comunicato che la mia banca aveva capito male, secondo l’Inps la mia banca si era sognata la mia morte e di sua iniziativa aveva restituito i soldi. La cosa è stata finalmente sistemata il 20 dicembre scorso e il 21 gennaio mi è stato effettuato il pagamento degli arretrati e il saldo della tredicesima con la dicitura «saldo agli eredi» (ma se non sono morto perché saldo agli eredi?». Ora a fine febbraio, sempre per un fortuito o sfortuito caso, mi accorgo che la mia pensione è di nuovo bloccata. Chiedo lumi all’Inps recandomi in sede e loro mi rispondono sempre con sufficienza e venendo qualificato come uno duro di comprendonio. All’invito di parlare telefonicamente con il direttore della banca, mi viene naturalmente negato alcun tipo di contatto e mi viene detto che l’errore è di nuovo della mia banca senza spiegarmi qual è l’errore. Hanno risolto dicono, ma forse - e dico forse - fino al 20 marzo io non riceverò la mia agognata pensione. Nel frattempo io cosa faccio, «mange pà e colpi»? All’Inps sembra sia legge che loro non sbagliano mai, sbagliano sempre gli altri e, se alzi la voce (cosa che può essere sbagliata ma ad un certo punto...) si offendono e trattano con supponenza le persone facendole sentire inermi e deboli, negano ciò che dicono ma gli scritti restano e parlano da soli. Avrei tante altre cose da raccontare di quelle che mi sono state dette: ci vorrebbe tutta la rubrica. La ringrazio in anticipo se pubblicherà questa mia per poter far sentire la voce di noi ultimi, che siamo ormai solo un costo per la società dopo 43 anni di lavoro.
// F.C. Gentile lettore, usi pure senza preoccuparsi l’aggettivo kafkiano anche se il nostro Pirandello potrebbe chiederne ragione per un defunto che ricompare all’improvviso a reclamare la sua legittima pensione. Scherzi a parte, la prima considerazione su questa beffarda vicenda è che nel 2022 dell’informatizzazione e delle reti informatiche che si scambiano dati e quant’altro ad ogni ora del giorno e della notte, possano ancora succedere simili «disguidi», per usare un eufemismo. Sarà poi senz’altro un caso che succedano non per complicati trasferimenti miliardari ma con l’accredito di un modesta cifra pensionistica. La seconda considerazione: passi pure che qualche errore ci possa stare anche con il più aggiornato dei sistemi informatici della pubblica amministrazione o di una banca, ma offrire un’informazione tempestiva e una spiegazione adeguata a chi ne è rimasto vittima a sua insaputa e senza colpa, è il minimo che si possa esigere. Certo, non è praticabile nei confronti di un defunto ma lo deve essere nei confronti di chi continua ad essere per sua fortuna in vita, cercando di non rendergliela più grama. (g.c.)Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato