Bravata da ragazzi. Meglio una parola che denunciarli

Lettere al direttore
Lettere al direttore
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Voglio esporre un fatto increscioso accaduto in paese qualche lunedì fa. Ecco i fatti: lunedì 14 luglio in tarda serata un gruppo di ragazzi/e tra i 16/18 anni decidono di fare una grigliata e poi accamparsi per la notte al campo sportivo parrocchiale senza chiedere nulla al parroco. La comitiva, trovato il cancellino aperto (e non forzato come da voci di paese) sono entrati nel campo, e trovato il braciere iniziano ad accendere il fuoco. Dopo nemmeno una ventina di minuti sono stati scoperti e abbagliati dall’auto del reverendo che, anziché invitare i ragazzi/e ad abbandonare il luogo e a chiedere spiegazioni chiama i Carabinieri. Nel frattempo arrivano sia il parroco che altri stretti collaboratori. Inutile dire la discussione creata! Richiamati pure i genitori dei minorenni presenti si redige il verbale per mancata autorizzazione e abbandono di minori. Come mamma di uno dei minori mi sia permesso esprimere il mio punto di vista: i ragazzi/e oltre ad essere dei parrocchiani e non estranei non stavano né avevano intenzione di fare nulla di male, nessun danneggiamento nessun abuso di alcol, niente di tutto questo. Si volevano solo ritrovare a fare una grigliata e passare alcune ore insieme. Invece si è rivelata una nottata del tutto trasgressiva senza neppure esserlo in minima parte. Dove possono andare i nostri ragazzi se l’oratorio chiude alle 21 e l’uso del campo sportivo parrocchiale con cancellino aperto deve essere autorizzato? Poi... era proprio indispensabile chiamare le Forze dell’ordine per segnalare i nostri ragazzi/e su fatti che potevano essere benissimo risolti con accordi amichevoli? Ricordo che il campo sportivo parrocchiale è un bene collettivo, quindi non può essere considerato una violazione. E poi un’altra considerazione: i ragazzi/e, di cui alcuni minorenni, non sono stati abbandonati. Noi genitori sappiamo bene d’essere responsabili delle loro azioni! Insomma, un fatto di questa rilevanza poteva essere risolto in un modo ancora più semplice ed amichevole. Bastava che il reverendo si fermasse in compagnia dei nostri giovani, senza richiedere intervento alcuno.

Una mamma

Carissima, il suo è il tipico racconto che divide a prescindere. Ci sarà chi eccepirà che le mamme attuali si impicciano troppo, chi se la prenderà con il «reverendo» dicendo che non ci sono più i preti di una volta, chi invece stigmatizzerà il comportamento dei ragazzi, anch’essi non più quelli «di una volta», cresciuti senza che siano stati insegnati loro disciplina e rispetto... Di tutto un po’ insomma. Diamo dunque per scontato che, qualsiasi posizione prenderemo, mieteremo delle critiche. Non importa: ci vergogneremmo di più facendo i pavidi, lavandoci le mani, come un qualunque PonzioPilato. Personalmente allora diciamo che per quei ragazzi proviamo simpatia: se fossero i nostri figli assumeremmo un atteggiamento serio, di lieve disappunto, ma in cuor nostro sorrideremmo. Per due motivi: primo, perché assai più ci preoccuperebbe se stessero tutto il giorno chiusi in casa, attaccati al telefonino; secondo, poiché certe bravate le abbiamo fatte pure noi, all’età loro. Parimenti non ci scandalizziamo per il reverendo che ha chiamato i Carabinieri. Certo, se fosse stato un don Bosco non sarebbe successo: magari li avrebbe presi per le orecchie, ma avrebbe sfruttato quel gesto come occasione per attirarli a sé, anzi, al suo Dio. Di don Bosco però ne nascono di rado, anche se per fortuna non mancano preti che tutt’oggi considerano l’oratorio non come un club, «privato» in tutto e per tutto, bensì luogo che generazioni di fedeli hanno contributo a creare, affinché sia occasione di crescita per i ragazzi, anche quando sbagliano. (g. bar.)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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