Bimbo annegato e bagnino morto. Doppia tragedia

A chi compete la responsabilità, la sorveglianza di un minore nelle piscine? Scrivo sull’onda dell’emotività causata dal tragico epilogo della scomparsa dell’assistente bagnanti che in seguito al tragico fatto accaduto alla piscina di Castrezzato probabilmente si è sentito «troppo» colpevole. A chi compete la sorveglianza di un minore in questi casi? Al genitore o al «bagnino»? Non voglio colpevolizzare nessuno, ma se io avessi un figlio piccolo (quattro anni aveva la il bambino annegato a Castrezzato) magari non capace di nuotare me ne guarderei bene da lasciarlo andare in giro da solo: starei sempre con lui, andrei nell’acqua bassa e magari gli insegnerei a nuotare, cosa molto importante per lui e per tutti, visto che abbiamo migliaia di coste, tanti laghi e fiumi e sapersela cavare in acqua è vitale. Una volta dentro l’impianto natatorio posso «disinteressarmi» di mio figlio - come se lo portassi ad un grest, visto che c’è un «assistente» - o sono sempre io ed io solo il suo sorvegliante? Io non so com’è andata, ma di certo non si può - parlo in generale - pretendere che il «bagnino di turno» supplisca al mio ruolo di genitore: questi ragazzi - gli assistenti bagnanti - hanno un compito molto delicato, di responsabilità (sono tra l’altro pagati una miseria) e devono «sorvegliare» una marea di persone molto spesso indisciplinate e caotiche nei comportamenti: come si può pretendere che vigili come un padre nei confronti di un figlio piccolo? Questo ragazzo, che non conosco ma senz’altro molto sensibile a livello emotivo, si è trovato immerso in un fatto tragico e si è assunto colpe che erano tutte in là da dimostrare, di certo non sue o non tutte sue, ammesso che ci fossero state, e sentirsi «iscritto nel registro degli indagati» lo ha fatto sprofondare in questa tragedia nella tragedia. E allora ritorno alla domanda iniziale: a chi compete la custodia di un minore in questi casi? Al genitore, ai genitori o all’assistente bagnanti di turno? È accaduta una tragedia nella tragedia e spero che fatti come questo non accadano più. Rimangono soltanto le lacrime e il dolore di due famiglie.
Lettera firmataCarissimo, in una vicenda tutta pianto, lei mette molti punti certi, dove noi ne abbiamo soltanto di sospensione. La sua ricostruzione è un «due più due fa quattro», ma di sicuro c’è poco o nulla. Neppure il numero delle vittime è certo, poiché due sono quelle che ci hanno rimesso la vita, ma chissà quante - genitori, familiari, parenti - hanno marchiato a fuoco la loro, rovinandosi l’esistenza. Così come, con il senno del poi, è facile dire «se fossimo stati noi». Noi, tutti noi, «siamo stati». Non quella volta, bensì in altre cento circostanze simili, nelle quali a separare il nulla dall’abisso è stata una coincidenza, un colpo di fortuna, un ricciolo di destino. Quante volte ci siamo proposti, come dice lei, di badare ai nostri figli con l’inflessibilità di un ufficiale asburgico e quante volte invece è capitato che ci sfuggissero di mano, che li perdessimo di vista, che non fossero dove un istante prima erano. Ricordiamo almeno una dozzina di spaventi al limite del pianto, senza contare quelli di medio rischio. Andiamoci piano dunque con l’assegnazione di responsabilità, facciamo lo sforzo che ha proposto - disattendendolo - in premessa: non colpevolizziamo nessuno e limitiamoci a una vicinanza non formale per quelle famiglie, piangendo le loro stesse lacrime, sentendoci affini a un dolore tanto immenso che neanche si può descriverlo. (g. bar.)
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